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POLIZIA ARGENTINA – GATILLO FACIL

da Comitato Carlos Fonseca

La polizia continua ad uccidere Negli ultimi giorni, sono stati denunciati casi di grilletto facile a Córdoba, Misiones e Neuquén. Spari alla schiena durante presunti tentativi di furto e forti bastonate contro persone ammanettate sono alcuni dei metodi che utilizzano gli agenti per uccidere. Nell’aprile di quest’anno, Lautaro Torres di 16 anni è stato assassinato alla schiena da una donna poliziotto che ha denunciato che l’adolescente aveva cercato di rubarle il cellulare.

Così solo dopo tre mesi, anche lo zio di Lautaro, Miguel Ángel Torres, è stato assassinato dalla polizia di Córdoba. Venerdì scorso l’uomo di 32 anni ha ricevuto nel quartiere di San Roque due colpi alla schiena da parte di un commissario, che una volta di più ha accusato la vittima di aver cercato di derubare, in questo caso, una libreria. Appena all’una di pomeriggio del giorno seguente, funzionari forensi della polizia sono andati al domicilio di Torres per parlare con i familiari e chiedergli di andare a riconoscere il corpo. Nonostante ciò, quando si sono avvicinati alla morgue non li hanno lasciati entrare, e il giorno dopo hanno appena potuto vedere il corpo di Miguel Ángel, quando gli hanno consegnato la bara per la veglia funebre.

“Le circostanze non sono per nulla chiare, nel senso che non hanno consegnato alla famiglia un rapporto di polizia per spiegare quanto successo, ma fondamentalmente la versione della polizia è che lui ha cercato di assaltare una libreria, o l’aveva già assaltata un’altra persona, e giusto in quel momento lui è passato, ma mentre usciva dalla libreria un commissario gli ha tirato due colpi alla schiena, ha anche un profondo taglio nella parte posteriore della testa, non c’è stato nessun tipo di scambio di spari, né reazione”, ha raccontato Lucrecia Fernández di Mucho Palo Noticias nel programma Intrattenendo le mattinate della Rete Nazionale dei Media Alternativi.

“Questo ragazzo è lo zio di Lautaro Torres –ha continuato la Fernández–, un giovane assassinato nell’aprile scorso, in circostanze simili. Era uscito a comprare un tessera del telefono, una poliziotta che era in borghese dice che ha cercato di rubarle il cellulare e gli ha tirato quattro colpi alla schiena uccidendo Lautaro che aveva solo 16 anni”. Sembra che sia un modus operandi sempre più chiaro quello della polizia cordobese, uccidere giovani in circostanze non chiare, cercare di costruire la versione del tentativo di furto e dello scontro, non informare come si deve le famiglie e successivamente non lasciare vedere i corpi delle vittime. Martedì 22 luglio, amici e familiari hanno effettuato un blocco sulla Strada 20, a pochi isolati dal luogo dove vive il commissario accusato dell’omicidio di Torres. “Ci siamo trovati in un posto con molta presenza di polizia, c’erano circa 14 agenti, due auto, quattro moto e poliziotti in borghese. Io di solito vado a fare servizi di cronaca in molti blocchi stradali e mai mi sono trovato con una scena di queste caratteristiche, con tanta presenza di polizia per un blocco di familiari.

C’erano anche altri familiari, quando siamo giunti vari bambini sono scesi da un furgone e vicino al nostro correvano e canticchiavano dei motivi delle ultime mobilitazioni. La mamma di uno dei ragazzi ci ha detto “quello che avviene è che noi stiamo andando a tutti i cortei dei familiari contro la repressione e il grilletto, accompagnando i familiari e ora tocca a noi essere accompagnati”, ha riferito la Fernández a Intrattenendo le mattinate. Secondo quanto ha assicurato la cronista di Mucho Palo Noticias, negli ultimi tempi a Córdoba si sta registrando almeno un caso di grilletto facile al mese: “(Quella di Miguel Ángel Torres) è una esecuzione, come lo è stata quella di Lautaro e quella di tutti i casi di grilletto facile che abbiamo contato durante tutti questi mesi, dove dei giovani sono assassinati da quattro tiri alla schiena”, ha aggiunto. Per Lucrecia Fernández la storia è sempre la medesima, non lasciano vedere il corpo, e dopo varie ore sistemano un’arma sulla vittima: “e nel frattempo c’è un capo della polizia che sta dando licenza di uccidere, giacché due giorni dopo l’assassinio di Lautaro Torres se ne uscito nei mezzi di comunicazione a dire che ogni delinquente che uscisse armato o probabilmente armato sarebbe finito assassinato. Evidentemente questo ha esacerbato la situazione a Córdoba”. La Fernández ha anche criticato il modo con cui i media tradizionali hanno trattato il caso di Miguel Ángel Torres: “generalmente il silenzio dei media, è uscito come una circostanza in cui un commissario aveva ucciso un giovane, ma senza nome.

Per vari giorni non è stato pubblicato il nome della vittima. Oggi i ragazzi cantano sul marciapiede della sua casa: “vicino, vicina, la yuta (animali che lavorano in coppia, pattuglia di polizia, ndt) ti assassina”, come se lodassero il riso con il latte, perché questa è la realtà che vivono quotidianamente.

Tutto questo legittimato dai media, dai funzionari di turno e deplorevolmente da un grande settore sociale, c’è un avallo dove non ci si sorprende che uccidano la gente in circostanze che non si comprendono”. Alcune ore dopo l’assassinio di Miguel Ángel Torres a Córdoba, il muratore Carlos Guirula è stato arrestato da agenti del 13° Commissariato di Posadas, Misiones. È stato su richiesta degli impiegati di un motel che hanno chiamato la polizia accusandolo di fare chiasso. Insieme ad uomini in divisa del Comando Radioelettrico, i poliziotti hanno ridotto Guirula all’obbedienza con le percosse e lo hanno ammanettato. Dopo lo hanno gettato sul cassone di un camioncino per portarlo al commissariato, situato a venti isolati dal luogo. Quando sono giunti, l’uomo era senza vita. Secondo l’autopsia, la causa della morte è stata la bastonata ricevuta dalla vittima, che gli ha provocato lo sfondamento del torace, rottura di un polmone e della milza. Guirula aveva anche colpi sul cranio e nella zona lombare. Anche sulla pelle gli sono rimaste impresse le impronte degli scarponi della polizia.

A sua volta, è stato provato che gli agenti coinvolti nel fatto hanno voluto cancellare le prove di quanto successo lavando il camioncino sul quale avevano gettato la vittima. In ogni modo, lì si sono potute trovare tracce di sangue. Per l’assassinio del muratore sono stati arrestati nove poliziotti che hanno partecipato all’operazione di arresto, e un paio di giorni dopo è stata ordinata la cattura di altri due agenti. Intanto, il 12 luglio scorso, nella città di Neuquén, Rubén “Teté” Soazo di 24 anni era entrato in una casa per rubare, quando la polizia è arrivata sul luogo. Sei ore più tardi, la sua famiglia ha saputo che era morto.

Come di solito avviene in questi casi, i media tradizionali hanno parlato di scontro, hanno detto che Soazo ha sparato e gli agenti hanno dovuto rispondergli.

Nonostante ciò, le perizie hanno stabilito che nella casa non c’erano tracce dell’arma che aveva Soazo, fatto che indica che non ha sparato. “Non sappiamo se lo hanno ucciso dentro la casa o se hanno finito di ucciderlo nel commissariato (…) aveva colpi, bruciature, due dita rotte, gli mancavano due denti”, ha affermato la compagna di Teté, e madre dei suoi figli a El Zumbido. “Egli aveva spari alla schiena, sulle braccia, alle gambe, alla tempia, le dita delle due mani tutte pestate, un taglio alla fronte, un colpo sulla bocca dove gli mancavano due denti e graffi (…), se lo hanno ucciso a colpi d’arma da fuoco, perché ha tutte questi segni?”, ha aggiunto una delle sue zie.

L’agente che ha sparato a Soazo assicura di essere stato minacciato di morte ed è sotto sorveglianza, nonostante ciò la famiglia del giovane assassinato ha denunciato che tutti i giorni delle pattuglie passano davanti alla loro casa e dall’interno del veicolo gli fanno il gesto come se gli stessero per sparare, nonostante questo non hanno ricevuto nessun tipo di aiuto.

Senza dubbio, la polizia è sempre più abituata a sparare, uccidere e ricostruire presunti scontri, per successivamente destreggiarsi in totale impunità con le famiglie delle loro vittime, non informandoli come si deve sui fatti, non lasciandogli vedere i corpi che evidenziano la violenza ricevuta e come se fosse poco minacciandoli. Fonti: Intrattenendo le mattinate (RNMA) / Agenzia per la Libertà / El Zumbido. 24-07-2014 Red Eco Alternativo

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Radiopossum87 – Fracking parte 2

 

Lunedi 15 luglio abbiamo parlato ancora con Giulio dell’ APCA (Asamblea Peramante del Comahue por el Agua) dell’Argentina e del sud America con particolare attenzione al fenomeno dell’estrattivismo una tra le più grandi cause di sfruttamento del Sud America. Gli argomenti trattati sono stati molti, a partire dal problema dell’acqua.

ascolta qui

 

 

ASAMBLEA PERMANENTE DEL COMAHUE POR EL AGUA

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Argentina: i fondi avvoltoi minacciano il paese

A causa dei fondi speculativi a Buenos Aires si teme un nuovo default

La sentenza di un giudice Usa ha dato piena ragione ad una minoranza dei creditori che pretende il pagamento senza alcuno sconto

6 luglio 2014 – David Lifodi
internet

Grazie all’intransigenza di un giudice statunitense e a quella della finanza internazionale, l’Argentina rischia di trovarsi di nuovo di fronte allo spettro deldefault economico come già avvenuto nel 2001-2002. Thomas Griesa, questo il nome del fiscal Usa, ha stabilito infatti che l’Argentina debba pagare le richieste dei fondi speculativi, denominati buitres, avvoltoi, entro il 31 luglio: si tratta di quell’8% che ha rifiutato la ristrutturazione del debito derivante dalla bancarotta dei primi anni Duemila. A seguito della crisi che allora mise in ginocchio l’Argentina, la Casa Rosada si era impegnata a pagare una rata del rimborso stabilito con il 92% dei possessori dei bond, ma l’8% dei creditori ha preteso, fin dall’inizio, un pagamento pieno, e non soltanto un terzo della somma dovuta: per questo si sono rivolti alla magistratura statunitense, che ha dato loro ragione. Griesa ha imposto all’Argentina il pagamento di 1,7 milioni di dollari, interessi compresi, per soddisfare soprattutto quegli hedge fund a stelle e strisce che hanno rifiutato qualsiasi forma di accordo: tra loro il fondo Elliot Associates di Paul Singer. Non solo: i fondi Aurelius Capital e Blue Angel si erano già rivolti in precedenza alla giustizia statunitense e per questo la competenza sul futuro economico dell’Argentina è nelle mani della magistratura Usa. Il contenzioso finanziario tra Buenos Aires e i fondi avvoltoi è in corso da anni. Nel 2012 Nml Capital, una società sussidiaria dell’hedge fund, sequestrò per mesi la fregata argentina Libertad, rimasta bloccata in Ghana per lungo tempo fin quando non ne fu disposto il rilascio: lo scopo era quello di ottenere un risarcimento per i debiti non pagati. Domani, a New York, è previsto il primo incontro tra governo argentino, magistratura Usa ebuitres per risolvere una questione assai complicata e che rischia di portare di nuovo nel baratro un paese che, dopo il default del 2001, era tornato a risollevare l’economia nazionale grazie all’acquisto delle aziende pubbliche privatizzate all’epoca del menemismo e di De La Rua. La stessa Banca Mondiale ha dovuto riconoscere che l’Argentina è stato il paese che negli ultimi anni è riuscito a ridurre maggiormente il coefficiente di Gini e ad aver duplicato una classe media passata nel giro di pochi anni da 9 a oltre 18 milioni di persone. Eppure, la sentenza di Griesa, se davvero applicata, rischia di provocare sull’Argentina una cosiddetta “tempesta finanziaria”. Se la Casa Rosada rifiuterà di pagare i fondi avvoltoi, Griesa ha già disposto che sia bloccata anche la rata destinata al pagamento delle scadenze dei bonds ristrutturati. “Ogni tentativo di pagare i risparmiatori con il debito ristrutturato”, ha intimato Griesa, “è illegale”, respingendo anche il ricorso inoltrato con urgenza dall’Argentina alla Corte Suprema Usa. Dalla sua Buenos Aires può mettere in campo l’appoggio di Unasur, dell’Alba, e addirittura della balbettante Osa, l’Organizzazione degli Stati Americani, che ha appoggiato il governo argentino con le solite eccezioni di Stati Uniti e Canada. Oltre alla solidarietà scontata dei paesi latinoamericani di orientamento progressista, tra cui quella del presidente uruguayano Pepe Mujica (che pure non è mai andato troppo d’accordo con lapresidenta Cristina Kirchner), si è schierato dalla parte dell’Argentina il think tank statunitense Council on Foreign Relations, un’organizzazione non certo sospettabile di avere simpatie di sinistra e che ha definito Griesa e la Corte Suprema come dei “pericolosi fondamentalisti”. In una lettera aperta a Thomas Griesa, il premio Nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel ha scritto che “non è giusto privilegiare il capitale finanziario rispetto alla vita dei popoli”. Del resto, prosegue Esquivel, i fondi avvoltoi “fanno parte di un debito immorale e ingiusto contratto alle spalle del popolo”. Nel 2001 il governo utilizzò i dollari dei correntisti privati per pagare il debito estero: si trattò del cosiddetto corralito che causò la bancarotta del paese, impose la chiusura delle fabbriche e provocò una crescita astronomica della disoccupazione. Adesso che l’Argentina si è rialzata, la sentenza di Griesa, dagli Stati Uniti, rischia di far saltare di nuovo il banco di un paese che, coraggiosamente, si era affrancato dalla schiavitù economica imposta dal Fondo Monetario Internazionale.

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RADIO ONDA D’URTO -PATAGONIA: LA RESISTENZA AL FRACKING DELLE COMUNITA’ INDIGENE E RURALI

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PATAGONIA: LA RESISTENZA AL FRACKING DELLE COMUNITA’ INDIGENE E RURALI

 

patagoniaNel Nord della Patagonia argentina, nelle province di Neuquén e Rio Negro sta avvenendo una delle più grandi attività di contaminazione e abuso dell’acqua della storia del paese. Il FRACKING,tecnica estrattiva di idrocarburi che usa fino a 40 milioni di litri d’acqua per pozzo e che usa chimici cancerogeni e sabbie per fratturare. ,  è alla base di questo piano criminale e di riconolizzazione dei territori e del popolo mapuce. Attraverso decreti dei governatori locali e del governo nazionale è stato deciso di consegnare il territorio del Nord della Patagonia nelle mani delle imprese petrolifere che già stanno usando l’acqua dei fiumi Neuquen, Limay, Colorado, Negro per fratturare il sottosuolo e estrarre il gas shale e tight. In un’area che già vive il dramma della contaminazione da idrocarburi i 180.000 pozzi di no convenzionale previsti in 35 anni segnano la condanna a morte dell’ecosistema e della popolazione.

 

In questi giorni si è quindi affermato un movimento di resistenza, guidato principalmente dalla comunita’ , che si oppone al progetto delle multinazionali petrolifere. Ne parliamo con Guido Ohaluer, giornalista freelance che vive in Patagonia, attivo nell’ APCA, Asamblea Permanente del Comahue per el Agua.   Ascolta  

 

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Argentina colonia no convenzionale. I veri obiettivi del fracking

 

I governi dicono che le terre gli appartengono,
noi sappiamo che siamo noi ad appartener alla terra

Detto mapuce

                                                                                                                                           

In Argentina si trova l’orizzonte di Shale Gas Vaca Muerta il terzo più grande del mondo dopo quelli presenti in Siberia e in Cina. Da pochi mesi Chevron ha strappato al governo un decreto che abilita gli investimenti stranieri con grandi agevolazioni fiscali ed economiche per quelle imprese che portano avanti la frattura idraulica per l’estrazione di idrocarburi no convenzionali fracking.

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Quando pensiamo al fracking pensiamo a un fatto le cui problematiche non si esauriscono nella dicotomia tra sviluppo energetico e difesa dell’ambiente.

E’ certo che un nesso di assoluto equilibrio tra ecologia e economia è la chiave per il vero sviluppo, cioè quella dinamica storica che che garantisce la riproducibilità dei cicli naturali e sociali. Dietro al fracking non c’è solo il desiderio nazionale e provinciale di uscire dalla crisi energetica e di portare avanti una politica di “desarrollismo” alla maniera latinoamericana,  vi si cela invece una realtà molto più grande di quella che dalle province del nord della Patagonia possiamo percepire.

 

Le ultime imprese della macchinaria bellica più grande del mondo, gli USA, sono state guerre in Iraq  per il petrolio e in Afghanistan per il gas.
Queste strategie di aggressione e shock è stata portata avanti da George W. Bush, figlio di George Bush Senior (che è diventato milionario con l’industria del petrolio in Texas, che è anche azionista di maggioranza della miniera Barrick Gold) ex capo della CIA e promotore in veste di presidente degli USA della guerra del golfo in Iraq.
Sotto la presidenza dei Bush si è sviluppata una politica petrolifera chiave: da un lato la guerra e dall’altro e lo sfruttamento degli idrocarburi no convenzionali (shale e tight gas) per l’autosufficienza energetico e per l’esportazione.

È in questo senso che andrebbe approfondito il ruolo che ha avuto l’intelligence statunitense nello sviluppo di questa attività estrattiva. Halliburton la principale impresa che si occupa di frattura idraulica ha avuto un ruolo da protagonista nell’accaparrarsi le commesse per la ricostruzione dell’Iraq e ha partecipato alla costruzione del campo di Guantanamo. Ma c’è di più, l’attuale conflitto in Ucraina è stato in parte scatenato dagli accordi tra il governo e imprese come Shell e Chevron sull’estrazione del gas shale; escludendo in questo modo la Russia dalla fornitura di gas all’Europa e favorendo l’importazione del gas shale americano nel vecchio continente.
Questo era l’obiettivo della visita europea e italiana di Obama e il suo incontro con il papa che, da buon argentino, già in precedenza si era dichiarato contrario al fracking.

L’importazione i Europa di gas degli Stati Uniti comprende anche il gas che le imprese a stelle e strisce estraggono in giro per il mondo e quindi anche, e soprattutto, quello dell’Argentina di Vaca Muerta.

Si mette così in evidenza il cambio di strategia rispetto al controllo delle risorse energetiche, ossia si è passati dalla guerra al lavoro di intelligence (escludendo il caso della Siria). Ciò è tanto vero al punto che uno dei maggiori promotori del fracking negli USA è proprio l’ex capo della missioni USA in Afghanistan e Iraq e anche della CIA David Petraeus.

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David Petraeus                                                                                                                                                                                    John Kerry in Ucraina

 

 

Questo Generale in pensione ha tenuto un corso all’Università CUNY di New York finanziato dalla NERA (National Energy Economic Research) fondata dal padre della deregulation economica Alfred Kahn.

Il programma del corso dell’ex capo della CIA non prevedeva nemmeno una lezione sull’impatto sociale, ambientale, economico e climatico del fracking.
Si è invece posto l’accento sull’estrazione e l’esportazione, quest’ultimo aspetto fortemente legato all’approvazione dei nuovi trattati di libero commercio Atlantico (TTIP) e Pacifico (TPP). Con l’entrata in vigore di questi trattati gli Usa sono riusciti ad accerchiare il polo Russia-Cina. 

TTIP

 

TPP

Altro aspetto nefasto e rilevante della strategia usata negli USA per riuscirre ad imporre il fracking nei territori e tra le popolazioni è stato l’uso illegale della guerra psicologica. Il metodo PSYOP, è considerato illegale per le operazioni interne, ma usato in guerra, ed è stato tratto dal capitolo 6 del Manuale di controinsurrezione dell’esercito USA, il cui autore più importante è lo stesso Petraeus.  

In questo nuovo paradigma geopolitico abbiamo visto la presenza del FBI a Neuquén nel febbraio scorso e siamo usciti allo scoperto contestando la presenza di questa polizia infame nei nostri territori, ci dicevano che venivano per fare uno stage contro il narcotraffico e invece era chiaro che venivano per mettere al sicuro i loro investimenti petroliferi. Qualche mese dopo è venuto a   visitarci Daniel Poneman sottosegretario all’energia del governo Obama, autore nel 1987 del libro Argentina democracy on trial,.  Negli stessi giorni abbiamo saputo dell’uccisione di più di venti agenti della CIA e dell’FBI negli scontri in Ucraina.
Non ci sbagliavamo.

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Il governatore di Neuquén Jorge Sapag, Daniel Poneman e il presidente di YPF Miguel GAlluccio a Neuquén il 23 maggio 2014

 

Ormai il governo degli USA è un fantoccio della CIA e questa è un’agenzia di affari per le corporation come Monsanto, Chevron, Barrick Gold e molte altre.
Noi popoli del sud del mondo siamo quelli che paghiamo più caro il prezzo di questo gioco al massacro, con il sacrificio delle nostre terre e delle nostre vite.

 

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Puntata di Radio Cane su fracking e saccheggio in Argentina

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28 Jul 2013

ASCOLTA QUI

http://www.radiocane.info/il-saccheggio-della-terra-promessa-patagonia-fracking/

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2 puntate del programma Radiopossum (ROR) sul fracking in Argentina

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Puntata N. 80 –  Maggio 2014

ACOLTA QUI

Il tema della puntata di lunedì sera è stato il fracking, la tecnica di estrazione basata sulla fratturazione degli strati di roccia tramite la pressione di enormi quantità di acqua al fine di facilitare l’estrazione di petrolio e gas dal territorio. Abbiamo avuto l’opportunità di ospitare per la seconda volta un attivista italiano che vive in Argentina e si oppone al fracking insieme alle comunità di indios mapuche. Ci ha spiegato i danni ecologici (spreco d’acqua, contaminazione delle falde acquifere, dissesto idrogeleogico etc.etc.) e sociali (persecuzione poliziesca dei nativi locali, stravolgimento e perdita delle tradizioni locali, degli usi e dei costumi). La lotta dei nativi ostacola gli enormi interessi dell’industria estrattiva e dei suoi sodali politici. Inevitabile la repressione, fatta di arresti, pestaggi e persino omicidi. Al bastone viene affiancata la carota: presunte Ong che fanno propaganda tra i nativi, corruzione, promesse di stipendi più alti, circolazione della droga, prostituzione, gioco d’azzardo. Il risultato è un ecocidio da una parte, con la distruzione di foreste e corsi d’acqua e la morte di persone e animali, e un genocidio dall’altra, con quanto resta delle comunità native argentine e sudamericane che rischia di essere cancellato definitivamente insieme al loro habitat. Per chi volesse saperne di più, può visitare il blog http://apca.noblogs.org Torneremo a parlare di fracking e di lotte indigene nella prossima settimana, per cui….stay tuned!

allen pera

Puntata N. 54 – Ottobre 2013

ASCOLTA QUI

 https://ia601000.us.archive.org/17/items/Radiopossum54/radiopossum54.ogg

Al nostro ritorno dopo la pausa estiva, abbiamo ospitato in redazione un compagno italiano che vive da diversi anni in Argentina e che segue e supporta da tempo la lotta delle comunità indigene della Patagonia contro le grandi aziende del petrolio e del gas. Ci ha spiegato la politica di questi colossi, i disastri ambientali di cui si rendono responsabili – soprattutto con la tecnica estrattiva del fracking e la conseguente contaminazione delle falde acquifere – , la distruzione delle culture indigene e degli ecosistemi che le ospitano. Mai come su temi del genere la lotta di liberazione animale è legata a quella di liberazione della Terra: la distruzione dell’ecosistema è in primo luogo la distruzione dell’habitat di migliaia di specie animali che significa dunque la loro scomparsa. Con il nostro ospite abbiamo poi parlato di altri argomenti, tra cui le politiche energetiche perseguite nell’America Latina, la repressione che colpisce i movimenti antagonisti e lo stato e le linee di sviluppo dei movimenti antispecisti nel continente latinoamericano e le loro differenze con quelli nordamericani ed europei.

Per chiunque voglia approfondire il tema, ecco alcuni riferimenti:

http://apca.noblogs.org (il sito dell’Assemblea permanente)

apca2012@autistici.org (la mail)

il contatto Facebook Asamblea permanente del Comahue por el Agua

 

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Notizie Socioambientali – Nuova legge dell’ambiente a Cordoba. Vince Monsanto e perdono i territori

Nel sud del mondo il mese di giugno sancisce l’arrivo dell’inverno e con questo l’inizio del ciclo vitale celebrato da tutti i popoli originari dell’America latina.
In Argentina questo momento sembra coincidere con l’inasprimento di alcuni dei più duri conflitti socio ambientali. Il paese è sempre più ricattato dal mondo della finanza a stelle e strisce, grazie al debito contratto con il FMI e ai cosiddetti fondi avvoltoi ,  e sembra lamentarsi di quello stesso modello dell’ “entrega”(resa) che il governo di Nestor e Cristina Kirchner hanno saputo ben camuffare, in quest’ultimo decennio, grazie ad alcune concessioni nel sociale.

Dopo l’ennesimo regalo fatto agli USA, e alle aziende dell’industria del  petrolio,  per mezzo del decreto presidenziale 929/13, che ha stabilito il regime di promozione degli investimenti per lo sfruttamento degli idrocarburi , legge fatta ad hoc per permettere l’accordo  segreto tra  YPF e Chevron, sono davvero rimasti in pochi gli argentini che osano ancora definire  questo governo  “nazionale e popolare”.

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La riforma costituzionale del 1994, portata a termine da Carlos Menem, ha dato alle province un carattere autonomo, soprattutto in ambito di gestione delle risorse del sottosuolo. Queste ultime rappresentano il maggior interesse dei  grandi investitori, gli speculatori dell’estratttvismo statunitensi, cinesi ed europei.

Il panorama estrattivista comprende, è bene esprimerlo chiaramente, non solo le miniere (a cielo aperto e non) e gli idrocarburi, ma anche gli OGM, la costruzione di megadighe, la deforestazione, le centrali nucleari alimentate a uranio, il grabbing e sicuramente ancora altre nefandezze.

È in ambito estrattivista che il paese sta subendo gli attacchi più dolorosi e meno visibili. Sono decenni che la cordigliera delle Ande è preda di progetti di miniere a cielo aperto che a volte distruggono intere montagne ed esauriscono o avvelenano l’acqua con il cianuro, distruggendo l’ecosistema e lasciando le popolazioni inermi.

In queste ultime settimane sembra che una serie di oscuri presagi stia ammonendo i governi locali e nazionale a prendere in considerazione la pericolosità di questo staus quo.
La riposta istituzionale sembra invece voler inasprire le politiche precedenti e rispondendo con somma violenza sia verso la natura che verso coloro che osano ribellarsi a questo piano criminale del neoliberalismo estrattivista.

Rispetto alla dimensione legislativa bisogna segnalare un evento fondamentale  datato 11 giugno,  localizzato nella provincia di Cordoba ha a che fare con il rinnovo della legge dell’ambiente che sembra favorire ancora di più la multinazionale del transgenico e della soia Monsanto, presente nei territori della provincia fin dagli anni ’90. In effetti nella legge ci sono dei punti di apertura e di concreta possibilità di miglioramento ambientale e di democrazia partecipativa. Ma in realtà se si scava in fondo ci si accorge del tranello. Per questo le proteste fuori dal palazzo del parlamento della provincia di Cordoba hanno scatenato la repressione della polizia contro le assemblee territoriali socio-ambientali come Malvinas por la vida e  Madres de Ituzaingo, che ha fatto registrare 26 arresti. Aldilà dei molti aspetti progressisti insiti nel testo della legge 13428 il fatto che più inquieta si riferisce alla pianta di produzione di sementi transgeniche che Monsanto ha iniziato a costruire nel quartiere Malvinas Argentinas nella periferia di Cordoba. Crodoba madres

Il cantiere della pianta è localizzato in una zona dove si permettono solo attività agricole che non inquinino, “il fatto che il potere esecutivo possa stabilire un nuovo ordinamento territoriale lo abilita a modificare l’uso del suolo in questa zona. Però gli permette anche altre cose come stabilire un ordinamento territoriale nella provincia per l’uso delle risorse in funziona della sua orientazione sociale ossia dell’espansione della frontiera agraria (OGM) e l’inclusione del business del biodiesel e delle monocoltivazioni che sono la politica del governatore De la Sota”, dice la deputata Cintia Frenta del Frente de Izquierda de los Trabajadores.  Un altro aspetto chiave, oltre al cambiamento dei parametri per gli studi di impatto ambientale, riguarda la consultazione preventiva che sebbene viene prevista e ribadita dalla legge provinciale (dato che è già presente in quella nazionale dell’ambiente 25.675 art. 4) non è vincolante perdendo così ogni possibilità di applicare istanze di democrazia partecipativa o diretta. Come dire cambi come cambi la legge chi vince è sempre Monsanto.

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Fracking – Emergenza acqua nella Patagonia argentina / Wallmapu

Nel Nord della Patagonia argentina, nelle province di Neuquén e Rio Negro sta avvenendo una delle più grandi attività di contaminazione e abuso dell’acqua della storia del paese.

Il FRACKING è alla base di questo piano criminale e di riconolizzazione dei territori e del popolo mapuce.

Attraverso decreti dei governatori locali e del governo nazionale è stato deciso di consegnare il territorio del Nord della Patagonia nelle mani delle imprese petrolifere che già stanno usando l’acqua dei fiumi Neuquen, Limay, Colorado, Negro per fratturare il sottosuolo e estrarre il gas shale e tight.

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In un’area che già vive il dramma della contaminazione da idrocarburi i 180.000 pozzi di no convenzionale previsti in 35 anni segnano la condanna a morte dell’ecosistema e della popolazione.

Il fracking è una tecnica estrattiva che usa fino a 40 milioni di litri d’acqua per pozzo e che usa chimici cancerogeni e sabbie per fratturare.

Nel territorio della Patagonia del Nord stiamo vivendo un grande disagio per questo business che sta invadendo il nostro territorio. Considerato che

• L’acqua che rifornisce le città di Nequén del Alto Valle contiene più di 500 volte la quantità di idrocarburi permessi dalla legge (sentenza della corte suprema federale) e proviene dai bacini artificiali Mari Menuko e los Barreales

• Le comunità mapuce sono invase da petroliere che stanno trivellando i loro territori senza consulta previa, stabilita per il diritto dei popoli indigeni e tribali (dichiarazione 169 della ILO e dalla dichiarazione universale dei popoli indigeni).

Cristina Linkopan, lonko (guida) della comunità mapuce di Gelay Ko è morta a 30 anni, il 14 marzo 2013,a causa della contaminazione idrocarburi fera.

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• Il fracking si è affermato attraverso la repressione selvaggia delle forme di resistenza (Neuquén 23/08/13) e dell’ uso politico della giustizia che ha invalidato ordinanze municipali che proibivano le trivellazioni in territorio urbano (Allen novembre 2013). Infrangendo la costituzione nazionale (art.41), le costituzioni provinciali di Neuquén e Rio Negro e la legge nazionale dell’ambiente, nello specifico negli articoli riguardanti la consulta previa e il principio di precauzione.

CHIAMIAMO ALLA SOLIDARIETA’ INTERNAZIONALE info: apca2012@autistici.org

 

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pubblicità che enfatizza l’ecocidio in corso dell’impresa anonima a maggioranza statale YPF

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Patagonia argentina: la resistenza al fracking delle comunità mapuche

Purtroppo la Casa Rosada lo ritiene una fonte di sviluppo per il paese
Presentato in Italia il documentario di Pino Solanas “La guerra del fracking”
30 giugno 2014 – David Lifodi

Sul cartello all’ingresso di una comunità mapuche nella Patagonia argentina c’è scritto: Apache contamina, destruye y mata. Apache è un’impresa di perforazione petrolifera specializzata nel fracking, la tecnica utilizzata per facilitare l’estrazione di petrolio e gas tramite la cosiddetta “fratturazione idraulica” degli strati di roccia. In America Latina il fracking ha preso piede soprattutto in Argentina, con il consenso della presidenta Cristina Kirchner: alla Casa Rosada dicono che lo sfruttamento e l’estrazione degli idrocarburi in maniera non convenzionale sono fonte di sviluppo per il paese. In realtà le cose non stanno proprio così, tra morti passate sotto silenzio, sgomberi delle comunità locali e danni enormi dal punto di vista ambientale: questo è il fracking.

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La situazione è molto grave soprattutto a Neuquén, città della Patagonia argentina, e in particolare al giacimento Vaca Muerta, a cui il cineasta militante (e senatore) Pino Solanas ha dedicato il documentario “La guerra del fracking”, presentato pochi giorni fa anche in Italia al Teatro Valle Occupato di Roma e al Think Green Festival di Taranto. All’inizio di giugno Cristina Kirchner ha benedetto un accordo che potrebbe avere un effetto devastante per le comunità mapuche che vivono nella Patagonia argentina, e in particolare per la bioregione del Comahue, tra Chevron (già condannata a pagare 19 milioni di dollari per i danni ambientali causati dal fracking per estrazioni dal sottosuolo in Ecuador) e Ypf (Yacimientos Petroliferos Fiscales), la compagnia nazionale argentina di idrocarburi. Il giacimento di Vaca Muerta, definita la più grande riserva di gas shale dell’America Latina, è stato ribattezzato dalla presidenta Vaca Viva: lo scopo dell’accordo, garantisce Cristina, è quello di mettere il paese nelle condizioni di avere garantito l’autorifornimento energetico. Nella bioregione del Comahue è sorta l’Asamblea Permanente del Comahue por el Agua (Apca), fondata, tra gli altri, da un attivista italiano residente da alcuni anni in Argentina, Giulio Soldani.

In tutto il paese, ma soprattutto in Patagonia, sono sorte numerose assemblee contro il fracking, poi riunite sotto la bandiera dell’Unión de Asambleas Patagonicas. Tra le vittime del fracking Cristina Linkopan
,lonko della comunità mapuche di Gelay Ko, morta oltre un anno fa, a soli trent’anni, a seguito di una malattia polmonare dovuta all’inalazione di idrocarburo, presente nella zona già da molto tempo. Il documentario di Pino Solanas, con l’aiuto dei ricercatori Maristella Svampa e Felix Herrero,  raccoglie le testimonianze degli abitanti della zona, ma soprattutto evidenzia che la “fratturazione idraulica” estrae gas da sorgenti non convenzionali, come le rocce di scisto o i depositi di carbone, causando perdite di metano, provocando microfratture geologiche e contaminando le falde acquifere. La provincia di Neuquén rappresenta un laboratorio a cielo aperto per le transnazionali per quanto riguarda l’agronegozio, l’estrazione mineraria a cielo aperto e il fracking, nonostante le aperte contestazioni di movimenti sociali, sindacati, ambientalisti e collettivi studenteschi.

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La Ley Nacional de Medio Ambiente, che dovrebbe sancire uno studio di impatto ambientale previo ed una consultazione della popolazione sul cui territorio saranno svolti esperimenti legati al fracking, è carta straccia, così come i princìpi di prevenzione e rispetto della sostenibilità ambientale. Eppure, lo stesso articolo 41 della Costituzione argentina, al pari del 54 di quella della provincia di Neuquén, sanciscono il diritto degli abitanti a vivere in un ambiente adatto per lo sviluppo umano senza che venga compromesso quello delle generazioni future. Inoltre, l’Argentina non riconosce la Convenzione 169 dell’Ilo sui diritti delle popolazioni indigene, che pure avrebbe ratificato, così come non rispetta il riconoscimento del popolo mapuche e il suo diritto ad essere consultato in merito all’attuazione di politiche ambientali sui territori ancestrali, come sancito dalla stessa Costituzione argentina. Ad esempio la bioregione del Comahue, e soprattutto la città di Allen (nella provincia di Río Negro), sono rinomate per la produzione di mele e pere, un attività fortemente danneggiata a partire dal 2010 quando, in nome dell’estrattivismo, l’intera area è stata sacrificata sull’altare delle politiche estrattiviste: attività storiche per il sostentamento delle comunità della zona, a partire dall’agricoltura, hanno subito dei danni incalcolabili. allen-fracking_3385164-240

All’imposizione del fracking, di solito, si accompagna una violenta repressione contro i movimenti di protesta. Nel territorio della comunità mapuche di Gelay Ko è stato perforato il primo pozzo petrolifero secondo le tecniche del fracking in America Latina. L’avanzata delle imprese petrolifere su questo territorio è stata ogni volta più violenta: rapidamente le falde acquifere sono state contaminate e le comunità sono rimaste più volte senz’acqua, mentre le multinazionali cercavano di comprare la gente del luogo offrendo pochi litri d’acqua in cambio dell’autorizzazione alle perforazioni. Uno degli episodi più drammatici si consumò nel 2012 quando il giudice della città di Zapala, Oscar Domínguez, ordinò lo sgombero delle comunità di Gelay Ko su richiesta del funzionario dell’impresa Usa Apache Raúl Vila. Purtroppo, fin dagli anni ’50, l’intera bioregione del Comahue è sottoposta alle trivellazioni delle compagnie petrolifere, dalla statale Ypf a quelle private.

Al tempo stesso va reso onore anche alla città patagonica di Cinco Saltos, la prima ad imporre una sonora sconfitta all’estrattivismo e ai suoi estimatori. Cittadina di nemmeno trentamila abitanti, nella regione di Río Negro e poco distante dal giacimento di Vaca Muerta, a fine dicembre 2012 Cinco Saltos ha detto no al fracking con un voto all’unanimità dell’intero municipio, che aveva ratificato un ordinanza presentata dal Partito Comunista. Il testo dell’ordinanza ricordava la situazione di forte inquinamento della città, dovuta a materiali tossici e cancerogeni già oggetto di monitoraggio da almeno un decennio.

Il fracking nega il diritto al futuro delle comunità e rappresenta l’ultima frontiera in fatto di estrattivismo petrolifero, ma la resistenza vittoriosa di Cinco Saltos dimostra che sconfiggere le imprese petrolifere ogni tanto è possibile.

* Un ringraziamento particolare a Giulio Soldani, fondatore dell’Asamblea Permanente del Comahue por el Agua  APCA LOGO,  per avermi fornito tutta la documentazione relativa al fracking.

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