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Siamo tutte e tutti Relmu Ñamku

Campagna di solidarietá internazionale  contro le perforazioni petrolifere per la difesa del popolo mapuche

 

confe prensa

“Questo processo cerca di disciplinare tutti quelli che si scontrano con questo sistema”

Relmu Ñamku, donna e madre Mapuche, è accusata di tentato omicidio e rischia di essere condannata a 15 anni di carcere se il prossimo 22 giugno, il processo con giuria che si terrà a Zapala, la riterrà colpevole.
Relmu Ñamku appartiene alla Comunità Mapuche Winkul Newen, a Neuquen, Argentina.
Questa zona è stata tristemente celebre per i conflitti legati  all’estrattivismo.
Winkul Newen è una delle comunità che ha resistito all’avanzata delle compagnie petrolifere sul proprio territorio.
La resistenza ha preso forme estreme: in una occasione alcune donne si sono cosparse con del carburante e hanno minacciato di darsi fuoco, sostenendo che la morte già circonda loro e le loro famiglie, mentre le aziende continuano a lavorare nel territorio.
Relmu è una di quelle donne.
Secondo la comunità, il 28 dicembre 2012, mentre si trovavano nel mezzo della sepoltura di una bambina nata con malformazioni a causa dell’inquinamento, si è presentato un ufficiale giudiziario a notificare un nuovo ordine di sgombero, accompagnato dalla polizia, dai membri della compagnia petrolifera e dai bulldozer.
La comunità si è difesa lanciando pietre.
Il giorno successivo Relmu ha appreso che l’ufficiale giudiziario l’accusava di aver tirato la pietra che lo ha colpito al volto, provocandogli lesioni.
Per questo motivo oggi Relmu è accusata di tentato omicidio.

abbiamo bisogno della solidarietá internazionale

info: apca2012@autistici.org

Posted in fracking.


Giustizia e libertà per le comunità mapuce Winkul Newen y Winoy Follil

Argentina, Provincia di Neuquén – Puel Mapu

bandiera

Il 13 aprile 2015, si celebrerà una nuova udienza del processo intentato contro alcuni membri della comunità Winkul Newen e Winoy Folil, tra i quali, Relmu Nanku, incriminata per tentato omicidio.

Ma l’accusa, non è supportata da prove certa e appare chiaro il suo obiettivo di criminalizzare una donna, leader e combattente e due referenti importanti delle comunità mapuce in lotta.
Dietro questo processo si nasconde la volontà
del governo provinciale di rendere inoffensiva la decennale resistenza mapuce per poter finalmente realizzare indisturbata la politica estrattiva in tutto il territorio.

Allo stesso tempo questa è anche una strategia dello Stato, che pianifica l’allontanamento del popolo originario Mapuche dalla propria terra ancestrale, perpetrando nei suoi confronti la storica sopraffazione e lo sterminio di cui è sempre stato vittima, pur opponendo una continua resistenza.

Convochiamo le organizzazioni sociali, politiche, sindacali, religiose e i vicini ad appoggiare i nostri fratelli sorelle in lotta:

-partecipando all’udienza che avrà luogo nel Tribunale Zapala, il giorno 13 aprile alle ore 8.

-firmando la petizione alla pagina: https://secure.avaaz.org/es/petition/Toda_la_sociedad_Despenalizacion_de_la_Comunidad_Mapuce_Winkul_Newen/?lDTigjb&pv=0

– inviando questo documento firmato dalle organizzazioni politiche e sociali o anche da singol* individu*, alla Procura di Zapala e telefonando per esprimere il proprio dissenso e ripudio,

– leggendo il dossier informativo piú in basso

UNIDAD DE COORDINACIÓN Y JEFATURA 

Etcheluz y Zeballos, 2º piso 8340 Zapala –
Te: (0054 9) 02942 431228

Fiscal Jefe: Dra. Sandra Inés GONZALEZ TABOADA – Int.140

UNIDAD FISCAL ÚNICA – 3º piso – Int. 125/ 130/ 129
Fiscal del Caso: Dr.
Marcelo Alberto JOFRE – Int. 123

LE VITE DI TUTT* NOI DIPENDONO DAL TERRITORIO IN CUI VIVIAMO E DAL RISPETTO DI QUESTO! DIFENDERLO È UN NOSTRO DOVERE

È PER QUESTO CHE ESIGIAMO

-libertà ed assoluzione immediata per tutte le lotte mapuche.

  • la proibizione del fracking in tutto il paese! La condanna dei delitti ambientali commessi dalle imprese petrolifere e dei funzionari corrotti, che muovono i fili di questi progetti!

  • il decadimento di ogni accusa rivolta alle autorità Mapuche, Relmu Ñanku (accusata di tentato omicidido), Martín Maliqueo e Mauricio Rain.

Tutta la nostra solidaritá con le comunitá mapuce Winkul Newen e Winoy Follil

Grupo de Apoyo y Solidaridad a las comunidades mapuche Winkul Newen y Winoy Follil y APCA (asamblea permanente del comahue por el agua) apca2012@autistici.org

Aderiscono

AVAL (Asamblea Vecinos Autoconvocados de Loncopué)

AVACAM (Asamblea Vecinos Autoconvocados Campana Mahuida)

P. José María D´Orfeo, Loncopué

Viviana Vaca, Misionera Loncopué.

Elvio Mendioroz DNI 8213861
Fundación Uñopatún -Registro Personería Jurídica 923/90 RNE – Provincia de Río Negro – Patagonia Argentina

PABLO BERGEL, Diputado de la Legislatura de la Ciudad Autónoma de Buenos Aires

MULTISECTORIAL DE CIPOLLETTI

ERNESTO Rosenberg DNI 7083168
Gramarpal -Grupo de Amistad Argentina Palestina de Neuquén

Asamblea Popular por el Agua del Gran Mendoza expresa su apoyo y solidaridad con las Comunidades Winkul Newen y Wiñoy Folil. Repudiamos el avasallamiento de los territorios, de la vida, de los derechos humanos y el ecocidio perpetrado por los funcionarios cómplices del extractivismo.

Elena Cedrón
Confraternizarhoy

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Dossier sull´attuale condizione della comunità mapuce Winkul Newen

Neuquén, Marzo 2015

Quella di Winkul Newen è una comunitá mapuce che si trova nella località di Portezuelo Chico, nella zona centrale della Provincia di Neuquén, Argentina.

Il territorio ancestrale coincide oggi, con il Giacimento Portezuelo Norte, dove sono presenti 10 pozzi di petrolio e gas dellImpresa Apache, a cui è successivamente subentrata la Yacimientos del Sur.

Da più di un decennio la comunità sta resistendo allavanzata delle imprese petrolifere.
Ha visto arrivare sulla sua terra, all
´inizio Pioneer, poi Apache ed oggi Yacimientos del Sur. Allinterno del territorio comunitario, era stata pianificata la trivellazione di 40 pozzi petroliferi, dei quali solo 10 sono stati completati, grazie allinstancabile lotta della comunità, che ormai da più di un decennio affronta le differenti imprese che si sono stabilite nel territorio.

A causa delle diverse azioni di resistenza portate a buon fine, la comunità ha subito innumerevoli e continui tentativi di sgombero, ispezioni in piena notte, militarizzazione costante di spazi culturali e di pascolo.
Uno degli ultimi tentativi di sgombero,
è stato impedito dalle donne, che si sono cosparse di combustibile minacciando di darsi fuoco.

In seguito a questo episodio, ogni atto repressivo, avvenne con la presenza delle ambulanze e dei vigili del fuoco di Zapala.

Il Giacimento Portezuelo Norte è inattivo dal 2012, grazie alla costante opposizione che la comunità ha portato avanti. Il sottosegretariato allambiente, agli idrocarburi e all´energia della provincia, ha effettuato un´ispezione nel giacimento durante la quale, è stata sollecitata una bonifica per gli sversamenti dagli oleodotti a vista, che risalgono al 9 dicembre 2011 ed al 16 ottobre 2012.

Fino ad oggi, non è stato realizzato il risanamento dei danni culturali provocati dallattività estrattiva, una delle richieste della comunità. In precedenza si erano verificati sversamenti, fughe di gas, cadute di animali in pozzi di crudo a cielo aperto, ma mai i funzionari governativi si presentarono per controllare, (e che nonostante tutto non sono mai state presentate alle autorità del governo,) perciò molti di questi luoghi contaminati rimangono senza alcun tipo di trattamento ambientale.

La situazione è peggiorata il 28 dicembre 2012, quando durante un Eluwvn un cerimoniale funebre mapuche, la giudice Ivonne San Martin del tribunale di Zapala, città situata a 50 km dalla comunità, predispose un nuovo ordine di sgombero.
Erano approssimativamente le tre del pomeriggio, quando la comunit
à si accorse di un notevole dispiegamento di ruspe e furgoni dellimpresa Apache, a pochi metri dalla recinzione che essa aveva costruito per impedirne lingresso.

La comunità ha resistito al tentativo di sgombero della polizia, difendendosi con pietre nel momento in cui lufficiale di giustizia ordinò alla ruspa di entrare.

Questo fatto aggravò la persecuzione politica e giudiziaria contro le autorità tradizionali, culminata nella denuncia per tentato omicidio e danno aggravato nei confronti di Relmu Ñanku e solo per danno aggravato, contro Martin Maliqueo e Mauricio Raìn. Tutto ciò rappresenta uno stadio avanzato del processo di criminalizzazione della protesta e della persecuzione politica contro la comunità Winkul Newen, in un contesto di difesa del territorio, dei diritti umani, dei diritti dei popoli indigeni e dei minori.

Denunciamo per questo la complicità del Pubblico Ministero che garantisce alle imprese petrolifere lo sfruttamento del territorio, una cosa ben evidente se si prendono in considerazione i seguenti fatti:

  • L´accusa non riflette le circostanze intorno gli avvenimenti imputati. Inoltre, è necessario puntualizzare che durante il processo, c´è stato un cambio del capo d´accusa da „lesioni gravi“ a „tentativo di omicidio aggravato“, senza che questo fosse supportato da nuovi elementi che potessero giustificarlo

  • La mancanza di un interprete designato dalla Confederacion Mapuche, durante ludienza nella quale sono state formulate le imputazioni. Questo riflette una chiara inadempienza circa la risoluzione dello stesso Tribunale Superiore di Giustizia di Neuquén. Si deve segnalare inoltre, che linterprete designato fu un impiegato dellimpresa Apache, la principale responsabile delle attività che, per anni, hanno violato il territorio comunitario.

  • Il differente metro di giudizio che si utilizza per risolvere situazioni relative al popolo Mapuche, basti pensare che la comunità, mesi prima del fatto, denunciò atti violenti da parte di una banda inviata da Apache, a seguito dei quali, membri della comunità rimasero gravemente feriti. Tra loro Petrona Maliqueo Pillan Kuse, autorità Filosofica e spirituale, colpita al volto e sulla testa, Violeta Velazquez all’epoca dei fatti incinta, colpita sul ventre e sul viso e Maximiliano Morales, in quel periodo ancora minorenne, ferito da un colpo darma da fuoco ad una gamba.

Questi episodi sono stati denunciati dalla comunità alla Procura di Zapala, e investigati da Marcelo Jofre e Sandra Gonzales Taboada, (gli stessi ,magistrati che hanno istruito la causa per tentato omicidio contro Relmu) attualmente è sul punto di cadere in prescrizione, rendendo vana ogni possibilità di dibattito e di sentenza sulla denuncia avanzata dalla comunità.

Grazie  Mattia e Giulia per la traduzione e la correzione

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FRACKING- LETTERA APERTA ALL´IMPRESA APACHE a 2 anni dalla morte della lonko mapuche Cristina Linkopan

Ci rivolgiamo a Voi per diffondere e condannare le azioni dellimpresa Apache Corporation nel nostro territorio, il Comahue, sito nel Nord della Patagonia Argentina.

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                        (Houston 9-3-2015 Consegna a mano della Lettera Aperta presso la sede centrale dell´impresa)

In particolare ci riferiamo alle zone di Barda Negra nel giacimento Anticlinal Campamento, al giacimento Portezuelo Norte nella localitá di Portezuelo Chico, in provincia di Neuquen e al giacimento Estación Fernandez Oro in Allen, a Río Negro, 

Scriviamo questa lettera aperta da esseri umani, costituiti per il 75% di acqua, che sopravvivono grazie al fatto di berla.

Nel Mondo più di 50.000 individui, muoiono quotidianamente perché lacqua è contaminata, sia a livello batteriologico che chimico e più di 1 miliardo e 200 milinioni mancano di un approvvigionamento idrico.

Non abbiamo come obbiettivo la richiesta di interventi di bonifica, né lavvio di un procedimento legale, poiché sappiamo che da tempo, le concessioni dellimpresa Apache nel nostro territorio, sono state acquistate dalla società YSUR che risponde a YPF e che a sua volta dipende da Chevron.

Vogliamo invece, che limpresa Apache riconosca le sue responsabilità, sul piano etico e storico, di fronte allumanità e alla natura, lunica che ci offre la possibilità di esistere giorno dopo giorno.

Non vogliamo il suo denaro sporco di petrolio e di sangue, ma riappropriarci delle condizioni di vita che avevamo prima delle sue azioni nel nostro territorio!

Ci sembra importante sottolineare, che riteniamo questa impresa petrolifera responsabile di gravi delitti e lo facciamo usando parole semplici, senza troppi tecnicismi, in modo che tutti possano sapere e comprendere cosa fa Apache e come lo fa.

Gli impattati da attività estrattiva, non sono solo piccoli allevatori transumanti, indigeni e contadini produttori di pere, ma tutti coloro che si riforniscono e vivono dellacqua del bacino del Río Negro e dellacquifero di Zapala.

Apache non ha agito da sola, ma con la complicità dei governi provinciali di Neuquén, del governatore Jorge Sapag del Movimiento Popular Neuquino, e del governatore di Río Negro, Alberto Weretilneck del Frente Para la Victoria. Questa classe di politici corrotti ha permesso che si introducesse, per la prima volta nel continente latinoamericano, il fracking una tecnica estrattiva altamente contaminante.

Apache l’ha praticata a pochi chilometri dalla falda acquifera di Zapala, nel giacimento Anticlinal Campamento, dentro il territorio del popolo mapuche, senza attenersi ai processi di consulta preventiva, come previsto dalla Convenzione 169 della ILO sui popoli indigeni e tribali, mettendo inoltre a rischio, la qualità dellacqua, destinandone decine di milioni di litri alla frattura idraulica.

Contemporaneamente, ha cercato di coinvolgere la comunità con progetti di Responsabilità Sociale delle Imprese, affinché accettasse il regime estrattivo non convenzionale. L´obiettivo di questi progetti mirava a dividere la comunità, esercitando una pressione costante sui membri che erano in disaccordo con il fracking.

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                                           (2011 Cristina Linkopan y Martin Malique defendiendo el territorio)

La morte di Cristina Linkopan, longko (guida politico spirituale) della comunità di Gelay Ko, è un tragico capitolo della presenza di Apache in Barda Negra. A soli 30 anni fu stroncata da un´ ipertensione polmonare, probabilmente provocata dalla costante esposizione agli idrocarburi, estratti nel territorio comunitario già da decine di anni prima.

La salute di Cristina peggiorò definitivamente nel 2011, non solo a causa della negligenza di Apache che omise di bonificare le migliaia di litri di acqua di riflusso contaminata, ma anche per linasprimento del conflitto tra la comunità di Gelay Ko e limpresa petrolifera. Nello stesso anno infatti, la polizia provinciale Neuquina, agendo dietro compenso delle imprese petrolifere, esercitò una continua pressione ed una violenta repressione nei confronti della comunità.

Questo cinico accanimento ha accelerato il processo di morte della nostra sorella, che è deceduta il 13 marzo 2013, lasciando orfani i suoi 4 figli. Ogni anno commemoriamo la sua scomparsa rinnovando il nostro dolore, consapevoli del profondo significato collettivo che la sua morte ha rappresentato. Cristina ci ha trasmesso uneredità spirituale per la difesa dellacqua, dellaria, della terra, della vita e del popolo mapuche, contro tutti quelli che osano violarli!

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mural tina catriel 2 (Catriel  -Rio Negro, Mural a 2 anni dalla scomparsa di Cristina Linkopan, 14-3-2015 Catriel Red per el Auga)

La presenza di Apache, ha lasciato un segno profondo anche nella comunità mapuche di Winkul Newen, che il 15 ottobre 2012, denunciò la fuoriuscita di petrolio da una conduttura nel giacimento Portezuelo Norte.

Non solo il reclamo fu ignorato dall´impresa, ma due mesi dopo, precisamente il 28 dicembre, per ordine della giudice Ivonne San Martín (conosciuta per le sue frequenti sentenze contro la comunità), vennero riattivati i 10 pozzi di petrolio bloccati dalla protesta dei Mapuche, ad opera di alcuni funzionari di Apache che si presentarono nel territorio della comunità, insieme ad unausiliare del potere giudiziale e scortati dalle forze dell’ordine.

Questo episodio provocò una dura repressione da parte della polizia, che ferì un adolescente a colpi di arma da fuoco, picchiò una donna di 83 anni, nonché autorità indigena ed arrestò Martín Maliqueo, werken dei Winkul Newen e Mauricio Rain, lonko della comunità Wiñoy Folil.

Sappiamo che chi governa e le imprese come Apache, vorrebbero che questi crimini, avvenuti grazie alla complicità del potere giuridico e della polizia, passassero sotto silenzio e rimanessero impuniti, ma le organizzazioni popolari e i movimenti sociali, alzeranno la voce per ripudiare il genocidio che storicamente soffrono i popoli indigeni.

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(Comunidad mapuche Winkul Newen, autorità sotto processo e territorio comunitario in lotta)

Oggi i membri della comunità continuano ancora a vivere nel loro territorio, senza luce né acqua ma circondati da dieci pozzi di petrolio e gas e gravati da un processo a loro carico, intentato per i fatti del 28 dicembre 2012. Gli accusati, Relmu Ñamku per tentato omicidio e Martín Maliqueo per danni, stanno in sostanza subendo un procedimento penale solo per aver difeso la propria casa.

Apache è responsabile anche di tutto questo!

In sintesi questa impresa petrolifera, non ha mai bonificato ciò che ha contaminato e non ha mai riconosciuto il disastroso impatto culturale e ambientale della sua attività a scapito della comunità che include, come naturale anche bambini.

In Allen, Río Negro invece, lattività di esplorazione ed estrazione di Apache, nel giacimento Estación Fernández Oro, ha conciso con la fine della medio e piccola produzione di pere. Nel tessuto urbano del paese, l´apparizione dei cosiddetti frutteti petroliferi, ha segnato linizio di una situazione insostenibile.
Potendo Apache permettersi di pagare qualunque cifra, ha usurpato con le sue trivelle, i terreni coltivabili trasformandoli in giacimenti di tight gas.

Estrarre questo gas naturale, dal suolo di un luogo come lAlta Valle del Rio Negro, che il lavoro di intere generazioni, a partire dalla prima metà del secolo XX, ha trasformato da semiarido a fertile, ha significato lannientamento delle terre ortofrutticole in pochi anni.

Anche la frattura multidirezionale ha colpito il territorio, con una contaminazione che continua ad espandersi e le cui nefaste conseguenze si possono già prevedere.

Sia il sindaco che limpresa petrolifera, hanno sempre assicurato che ad Allen non si praticava la frattura idraulica, eppure quotidianamente gli abitanti erano colpiti dai gas emanati durante le operazioni sui pozzi. Tutto ciò senza considerare uninfinità di altri problemi ambientali e sociali, tra cui la contaminazione di falde acquifere e di fiumi, la carenza di acqua potabile, i rumori permanenti anche durante le ore di riposo, la contaminazione luminosa che non risparmia neppure le piantagioni, laumento del traffico di camion e di 4×4, i conseguenti incidenti di transito, i costi della vita elevati, il traffico di droga e la tratta di persone ogni giorno più presente nella nostra comunità.

A tutto ciò si devono aggiungere, le negligenze commesse sui pozzi del giacimento Estación Fernandez Oro, che hanno causato gravi incidenti sin dallinizio dell´estrazione.

Uno di questi si verificò nel pozzo AP.RN.EFO 141, alle ore 21 del 19 marzo 2014.

Laccidentale esplosione in corso d´opera, provocò una leggera scossa di terremoto che colpì le case vicine. A 50 metri da una di queste, situate in un vivaio, divampò un incendio al quale susseguirono emanazioni di gas tossici per ore. Questo episodio costrinse i cittadini di Allen ad organizzare un proprio piano d´emergenza, per far fronte al mancato adempimento delle misure di sicurezza e di messa in salvo, da parte dellimpresa e degli organi di controllo istituzionali.

Don Ruben Ibañez, lavoratore rurale, è uno dei principali impattati da quando, più di due anni fa, limpresa Apache iniziò con le trivellazioni nellarea limitrofa allabitazione in cui vive.
Oltre a manifestare il proprio timore su ciò che sarebbe potuto accadere, egli dichiarò pubblicamente: se loro venissero e provassero tutto quello che stiamo vivendo io e la mia famiglia abbiamo dolori di stomaco, mal di testa e dobbiamo dormire con le finestre chiuse.

I funzionari della YSUR, impresa in linea con i metodi adottati da Apache, hanno sempre cercato di occultare questi episodi per mantenere una buona immagine, dichiarando che non sussistevano rischi per lambiente e per gli abitanti, nonostante lincidente avesse provocato la sospensione delle attività per 10 giorni.

Don Ibañez e la sua famiglia hanno subito le conseguenze di un problema che né i funzionari né limpresa vollero riconoscere. In altri casi si sono manifestate malattie gravi alle vie aeree, come quella polmonare ostruttiva cronica già diagnosticata , che sta compromettendo la vita delle popolazioni. Apache ha preteso che questa e altre malattie rimanessero invisibili, non solo per evitare di prendersi le proprie responsabilità ma anche per sedare i pregiudizi, nei confronti di unattività estrattiva che la comunità non aveva previsto né richiesto.

Apache è responsabile anche di questo!

Un altro incidente si verificò alle 2 del mattino del 14 luglio 2014 nel pozzo 236, quando l’impresa petrolifera aveva già abbandonato lArgentina, lasciando però insoluti i problemi di sversamento. Di nuovo unesplosione ed un incendio in meno di sei mesi.

In questoccasione vennero scoperte operazioni non autorizzate dagli enti di controllo, come luso di gasolio, rimasto un esempio evidente degli illeciti compiuti sulla falda acquifera contaminata.

In entrambi i casi, i fatti non passarono sotto silenzio perché i cittadini di Allen, riuniti in Assemblea, decisero di opporsi in difesa delle proprie vite minacciate da questi continui incidenti.

Gli abitanti di Allen, per nulla favorevoli a questa forma di estrazione all’interno della città, stilarono nel 2013, unordinanza municipale con la quale vietarono lo sfruttamento di idrocarburi non convenzionali nel tessuto urbano. Questo documento si fondava sullarticolo 5 della Carta Municipale che recita al suo interno: assicurare in tutte le sue forme il diritto degli abitanti a godere di un ambiente adeguato per lo sviluppo dellessere umano, preservando la sua salute, mantenendo e proteggendo
l´ecosistema e il paesaggio, attraverso luso razionale delle risorse naturali, considerando la terra, lacqua e laria patrimonio comune del municipio, regolandone luso proprio e del resto della comunità, adottando mezzi appropriati per evitare contaminazioni.

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                  Allen Rio Negro 2013 consiglio comunale, approvazione della ordinanza municipale antifracking

Tuttavia mesi dopo l’approvazione, l’ordinanza fu dichiarata incostituzionale grazie all’intervento del governatore in persona.

Luso politico della giustizia favorì gli affari di Apache, che non avrebbe mai potuto iniziare le sue attività ad Allen e ancor meno proseguire l’estrazione e l’esplorazione, se fosse stata costretta a rispettare le leggi, in particolare l’articolo 5 della carta municipale, ispiratore dellordinanza antifracking.

Dal nostro punto di vista, tutte le imprese nazionali e multinazionali, traggono estremo vantaggio dallestrazione di crudo, per i lauti guadagni che ne ricavano, a scapito e senza preoccuparsi di ciò che noi consideriamo più prezioso ed importante, ovvero le popolazioni che vivono vicino ai fiumi, la fauna, lacqua e gli ecosistemi complessi!

Queste grandi macchine per estrarre il petrolio che essi producono ed esportano, sono usate come vampiri moderni che succhiano risorse dalla nostra madre terra, causando distruzione e contaminazione.

Crediamo sia arrivato il momento di difendere con fermezza, tutto il nostro ambiente naturale perché da esso, dipende la vita presente e futura eallo stesso acquisire una maggiore coscienza rispetto ai cicli vitali!

Inoltre, consideriamo lazione imperterrita delle cause, delle organizzazioni socio ambientali e dei popoli originari, determinante per proseguire la battaglia in favore della decontaminazione e della prevenzione dellinquinamento del pianeta.

Questa battaglia si può portare avanti, solo rispettando i principi etici delle differenti cosmologie indigene ed osservando il principio di precauzione.

ASAMBLEA PERMANENTE DEL COMAHUE POR EL AGUA – APCA


ADERISCONO

Maristella Svampa, DNI: 14.256.567Enrique Viale:dni:24.313.782. Roberto Ochandio, DNI: 7.818.355. Alicia Dominici (esposa de Ochandio).Jose Chandia,DNI:12.715.060.Luis Genga, Secretario de derechos Humanos de UNTER. Magdalena ODARDA, DNI:17.677.763 (senadora Nacional) Maria Langa, DNI 34.141.139 (Proyecto Allen) Maximiliano Lamperti, DNI:25.187.014 (Productor de Peras Orgánicas) Jessica Lamperti,(productora,empacadora y exportadora de peras orgánicas) Ilda Cristina Eguinoa, DNI 10.213.682. Alberto Garcia, Refeente en Allen del CCARI, Graciela Vega de Proyecto Allen. Maria Victoria Vagnoni, DNI 18.084.929, Alfredo Svampa (productor) María Garcia,DNI 6.063.489 (mamá de los productores orgánicos); Abogados de la República Argentina Pablo Bergel, diputado legislatura Ciudad Autonoma de Buenos Aires (bloque verdealsur) Fundacion Servicio Paz y Justicia SERPAJ Foro Ambiental y Social de la Patagonia. Comodoro Rivadavia Armando Aligia, fisico, DNI 11 632 231 Mario Hernandez Periodista y escritor. Miembro de la Comisión Directiva de la Coordinadora de Medios de la CABA (COMECI) Roberto Ochandio y Alicia Dominici, Esquel, Chubut Argentina. UNIDOS POR LAS AGUAS DE LA CUENCA CURRÚ LEUVÚ (COMARCA VIEDMA RÍO NEGRO / PATAGONES SUR DE BUENOS AIRES) Laura Didowicz BEATRIZ KREITMAN, DIPUTADA DE LA PROVINCIA DE NEUQUÈN Partido Socialista de Neuquen Hernan Moreno por el Partido Socialista en Zapala

grazie a Mattia e Giulia per la traduzione!

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Fracking, petrolio, agricoltura, acqua, TTIP. Le multinazionali alla conquista delle risorse mondiali

Uno dei fondatori di APCA, racconta la lotta della Patagonia e delle popolazioni argentine contro il fracking, la nuova tecnologia estrattiva, estendendo la riflessione ai possibili sviluppi internazionali.

da http://www.euroroma.net/articolo.php?ID=3459&cat=AMBIENTE

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Se il concetto di guerra preventiva per l’affermazione della democrazia e contro il terrorismo, servì a legittimare in paesi come Afganistan ed Iraq, l’intervento militare per l’accaparramento di petrolio e gas, oggi la definizione dirinascimento energetico, giustifica l’uso di nuove tecniche estrattive dannose per l’uomo e l’ambiente.

Si nasconde nel significato del termine, l’idea di un’indipendenza energetica (da Russia e Paesi arabi) affatto pertinente alle fonti rinnovabili, ma ancora e dolorosamente, alla ricerca di idrocarburi questa volta da sorgenti non convenzionali. La tecnica per estrarli dagli strati profondi del sottosuolo si chiama fracking, ossia fratturazione idraulica della roccia, mediante cariche esplosive e milioni di litri d’acqua misti a sabbie e ad agenti chimici fortemente inquinanti.

Le conseguenze di questa tecnologia riguardano la contaminazione dell’acqua, la migrazione di gas e fratture geologiche che recenti studi, hanno messo in relazione con movimenti sismici. Nonostante i danni provocati, le sanzioni che le imprese petrolifere sono state condannate a pagare,come è accaduto a Chevron in Ecuador e l’opposizione della società civile, il fracking continua ad essere utilizzato creando scenari sempre più inquietanti, senza badare al prezzo che esseri umani ed ambiente sono costretti a pagare.

E’ il caso dell’Argentina, considerato il nuovo Eldorado e solo la prima tappa di un progetto estrattivo molto più ampio. Ne parliamo con Giulio, un’attivista italiano da anni residente in Argentina e tra i fondatori di APCA (Asamblea Permanente del Comahue por el Agua), che partendo dalla situazione locale del Nord della Patagonia, estende la sua riflessione ai possibili sviluppi globali riguardanti economia, ambiente e diritti umani.

L’intervista prende subito il ritmo di un racconto che tradisce l’urgenza d’informare sui fatti, i cui precedenti si rintracciano nelle politiche neoliberiste dell’allora Presidente argentino Carlos Saùl Menem che negli anni ’90 del XX sec., avviò un’ampia opera di privatizzazione delle più importanti aziende pubbliche tra cui YPF (Yacimientos Petrolìferos Fiscales), l’impresa petrolifera statale argentina quasi regalata alla spagnola Repsol. Quest’ultima attuò una politica di depredazione dei giacimenti convenzionali e nello stesso tempo scoprì il sito di Vaca Muerta, il giacimento di gas shale ad oggi, più grande del mondo fuori dagli Stati Uniti. Successivamente il governo per partecipare alle attività di estrazione decise di nazionalizzare la YPF, di cui l’Argentina detiene il 51% e di permettere l’ingresso alle multinazionali, le uniche in grado di utilizzare la tecnologia del fracking, molto costosa e poco redditizia se si pensa che il tasso di ritorno energetico è al massimo di 1,5 ed oltretutto, bisognosa di infrastrutture e di un’alta preparazione degli operatori che in Argentina non esiste.

Giulio continua spiegando che nel paese l’opera più distruttiva l’ha compiuta Apache, un’impresa di Houston specializzata nel fracking, che ha portato avanti il lavoro di esplorazione soprattutto nelle province di Neuquen e Rio Negro. Essendo i due giacimenti differenti, poiché hanno orizzonti geologici e profondità diversi, in Neuquen si è cercato soprattutto il gas shale come in Vaca Muerta, che si ricava dalla roccia di scisto, a Rio Negro invece il tight gas che si estrae dalle arene compatte. Anche il contesto sociale dove queste esplorazioni sono state avviate è importante. Nel Rio Negro, precisamente nella bioregione del Comahue rinomata in Argentina per la produzione di mele e di pere, i pozzi sono stati costruiti proprio dentro i frutteti e per riuscirci, già da tempo il governo aveva attuato un piano di indebolimento dei piccoli e medi agricoltori, favorendo i grandi produttori che comunque, si troveranno nell’impossibilità di esportare perché se le pere contengono idrocarburi, non potranno essere immesse nel mercato.

Ciò ha comportato un grosso impatto sociale spiega Giulio, essendosi quel territorio costituito come terreno produttivo già alla fine dell’ ‘800 quando, anche grazie all’apporto dell’Ing. Cipolletti di Roma, un progetto d’ingegneria idraulica rese fertile la valle che era semi desertica. La zona e la città sono quindi legate indissolubilmente alla produzione della frutta, che ha dato lavoro a molte persone e per tanto tempo, mentre il petrolio non riesce ad occupare un numero così elevato di lavoratori.

Situazione diversa è quella dei territori Mapuche, le comunità indigene che vivono in una zona vicina 150 km dalla capitale Neuquen e 170 km da Allen. In particolare Apache, aveva scelto di costruire i pozzi sperimentali di shale gas ed oil, nel territorio della comunità Gelay ko che significa luogo senz’acqua. La comunità in un primo momento si oppose al progetto, così per ovviare al rifiuto il governo locale dell’MPN, il Movimento Popolare Neuquino da 51 anni al potere, propose insieme ad Apache, un progetto di responsabilità sociale d’impresa per far sì che la comunità si ammorbidisse ed accettasse. Queste iniziative servono infatti, a convincere le persone sulla convenienza dell’investimento che promette lavoro e qualche beneficio. La comunità a quel punto si spaccò, una parte accettò i benefici e ricevette case, lavori dentro il giacimento ed altre agevolazioni, l’altra parte della comunità che non si era piegata al ricatto,iniziò a subire la repressione, ovvero intimidazioni, percosse, minacce di vedersi portati via i bambini perché accusati di usarli come scudo umano, ed altre situazioni legate alla povertà e alla mancanza d’acqua. Alla fine per aggirare il dissenso, i pozzi vennero costruiti durante l’estate, quando la comunità che vive di pastorizia, si spostò per la transumanza. Tornando a casa i Mapuche trovarono, oltre a due pozzi finiti, una piscina enorme fatta di materiale plastico e destinata a contenere 25 milioni di litri d’acqua.

 

L’impatto ambientale, sociale e culturale sono altissimi continua Giulio, senza contare l’ingiustizia che viene perpetrata al popolo Mapuche, vittima di un reato di lesa umanità perché privato dei propri diritti alla sicurezza ed alla sopravvivenza in quanto popolo originario, stabiliti per dichiarazione dell’ONU da leggi che sono dei trattati internazionali ratificati anche per l’Argentina. Ad esempio la convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, sancisce che i popoli indigeni abbiano diritto alla consultazione previa, informata e vincolante, per qualsiasi attività si voglia compiere nel loro territorio. Il problema è che di proposito molte comunità non vengono riconosciute dallo stato provinciale, perché il fracking diventa anche una grande speculazione immobiliare, visti gli alti compensi delle royalties oltre che del passaggio di servitù spettanti a chi vive vicino ad un pozzo ed è il proprietario della terra. Tutto ciò significa avere molti soldi che vengono pagati dalle imprese del petrolio, per comprare il silenzio di quelli che sono gli impattati potenziali o effettivi.

Per i Mapuche gli esseri umani non sono differenti dalla natura, essi coesistono con Wallmapu, questo vuol dire che se si fa qualcosa alla natura la si fa a se stessi. E’ dunque in gioco non solo la perdita del lavoro, la morte delle persone che si ammalano perché il territorio è inquinato e dunque completamente inutilizzabile, ma l’esistenza stessa di un popolo e di tutto il suo mondo e la sua cultura.

 Come cercate di difendervi da tutto questo?

In principio abbiamo fatto questa cosa chiamata toxitour, ovvero abbiamo organizzato dei veicoli per andare nel luogo della contaminazione a vedere cosa stesse accadendo. Quella volta andò abbastanza bene perché eravamo un centinaio di persone, un numero buono per la realtà locale e poi oltre a quello, abbiamo occupato un edificio che era l’ex casotto di direzione elettronica del giacimento e l’abbiamo dato ad una famiglia della comunità. Il toxitour è stato una cosa che ha aperto gli occhi un po’ a tutti, soprattutto a me che m’ero trasferito a Neuquen da un anno, quindi non conoscevo la realtà del petrolio che a dire il vero lì già esisteva, essendo una zona da tempo sfruttata per costruire pozzi convenzionali. Molti di quei posti infatti, avevano già avuto una storia di lotta contro l’industria del petrolio, però con il fracking passiamo di livello, sia per quanto riguarda l’impatto ambientale che per l’organizzazione che c’è dietro.

Ma questi luoghi non sono recintati e sorvegliati?

La casa era solo chiusa, i pozzi sono recintati perché lì c’è stata una lotta. Nella maggior parte dei casi i pozzi sono liberi. Per esempio ad Allen li hanno costruiti nel tessuto urbano che poi è un tessuto urbano semi rurale, ossia fatto di frutteti nei quali però c’è gente che lavora e vive. Quindi tu hai un impatto ambientale che si divide in vibrazioni della trivellazione, fuoriuscita di gas pericolosi dal terreno, che possono essere anche radioattivi come nel caso dell’uranio o del radon, effetto serra provocato dai camion che servono per portare l’acqua, visto che un pozzo ne usa fino a 30 milioni di litri. Mi sembra che per il suo trasporto siano utilizzati minimo 250 camion. Ed ancora il rumore di questi mezzi, l’inquinamento acustico per il fatto che le trivelle funzionino notte e giorno, come l’illuminazione.

Riguardo alle perdite di gas,  il metano che fuoriesce dai pozzi e si libra nell’aria, ha un effetto serra 25 volte più potente dell’anidride carbonica.

Questo sarà un problema grande nella prossima ondata di fracking che non sarà più per shale e tight ma per l’estrazione dei metani, differenti idrocarburi che si trovano lungo le coste di Africa, America Latina e Asia. Quello sarà il prossimo obiettivo in realtà. Se si va a scavare e a cercare la genealogia di come nasce il fracking e perché, ci si accorge che esiste un disegno politico mirato, di cui oggi vediamo i primi effetti mondiali. Basta pensare alla guerra in Ucraina che si è scatenata dopo tutti quei mesi di rivolta, dietro la quale sono gli interessi strategici di nazioni quali gli Stati Uniti, soprattutto a causa dell’accordo che il governo ha fatto in quattro e quattr’otto con le imprese petrolifere Shell e Chevron, due delle più grandi compagnie che fanno frattura idraulica nel mondo.

Quindi le trivellazioni dovevano iniziare anche in Ucraina?

Anche per questo la Russia ha reagito, perché ha visto un paese che aveva firmato degli accordi nel momento della caduta dell’Unione Sovietica, tra i quali uno di non partecipazione alla Nato per esempio, che aveva dei debiti forti con la Russia rispetto alle forniture di gas ed era insolvente, firmare dei contratti con alcune imprese delle quali è nota la politica. Noi dobbiamo pensare che la Polonia ha già iniziato a fare fracking, il 72% del territorio della Romania è in mano alle imprese che faranno fratture, tutta quella zona lì è pronta per fare fracking, solo la Bulgaria l’ha proibito, quindi dove ci sono risorse e giacimenti si farà. Hillary Clinton ha tenuto infatti, una serie di conferenze ad esempio in Romania.

In effetti si percepisce un certo fermento in Europa riguardo le attività estrattive, convenzionali e non.

Infatti, c’è tutto un disegno strategico internazionale che oggi si riesce a capire, mentre fino a pochi anni fa sembrava fosse solo una fantasia. E questo è solo il governo Obama ma se noi ritorniamo ai governi precedenti, cioè alle presidenze dei Bush, ci rendiamo conto che è da lì che nasce la questione. L’assetto che hanno oggi gli Stati Uniti, le grandi corporation come Monsanto per il cibo, quelle del petrolio che rappresentano la storia culturale degli Stati Uniti e poi l’aspetto estrattivo delle miniere, il nucleare, il mondo della finanza dalla quale deriva la nostra crisi economica, si formano durante l’era di Donald Reagan, il cui vicepresidente fu George H.W. Bush, la presidenza di George H.W. Bush e quella del figlio George W. Bush. Il fracking fa parte di questo modello americano, è  precisamente un esperimento per l’autosufficienza energetica degli Stati Uniti,che potevano iniziare ad estrarre quello che avevano nel sottosuolo per non dover più importare dai Paesi arabi, cosa che in realtà è avvenuta ma con grandissime resistenze dei movimenti sociali.

Tutto ciò è legato direttamente come un cordone ombelicale al TTIP e TPP, il trattato di interazione transatlantica e partnership e quello pacifico, un grande movimento per accerchiare l’asse Russia e Cina, con la creazione di zone di libero mercato per l’esportazione soprattutto di OGM e gas shale. Se non abbiamo chiaro questo, è difficile affrontare la situazione locale.

È un po’ l’errore che si fa in Argentina, non capire quale sia il disegno generale che è enorme. Se prendiamo ad esempio il caso delle miniere d’oro, per le quali in Argentina s’è portata avanti una lotta storica che ha dato anche alcuni risultati,questo disegno non c’era, mentre risulta evidente nel fracking e nel caso del transgenico, perché fanno parte dello stesso modello.

Cioè l’agricoltura transgenica servirà per l’energia?

Non tutta, ma di fatto oggi la maggior parte dell’agricoltura transgenica serve per l’energia non per l’alimentazione. Noi consideriamo la soia come qualcosa di estrattivo, come anche il grano, quest’anno è stato brevettato un grano transgenico argentino, è la prima volta che accade. Oppure è per noi estrattivismo l’accaparramento della terra. Tutto questo modello che noi chiamiamo della entrega cioè del rendersi, del dare, ha a che fare col fatto che l’acqua viene concessionata.

Siete trattati come foste una colonia..

Praticamente l’Argentina lo è. Si chiama neocolonialismo estrattivista. L’Argentina è un paese che in realtà andrebbe studiato, perché rappresenta il progetto che gli Stati Uniti hanno sul mondo. Anche l’Europa in realtà si sta “argentinizzando” perché con il TTIP, tutte le cose che sono state fatte in Argentina poi succederanno anche in Europa, in maniera minore, relativo ad un posto che ha meno risorse, dove il capitale umano è più importante delle commodities. E l’Italia è un paese che a livello d’impatto ambientale sta in ginocchio tanto quanto l’Argentina, ha 38 siti da bonificare di interesse nazionale, che ora hanno differenziato in nazionale e regionale e che sono altamente cancerogeni in un territorio non così vasto.

Sta uscendo fuori la vera faccia del capitalismo che alle brutte decide di  cannibalizzare tutto.

Più che altro c’è questo movimento delle porte girevoli che si vede bene nel documentario di Marie-Monique Robin “Il mondo secondo Monsanto“, cioè molti manager vanno al governo poi dal governo passano alla corporation, poi ritornano e poi rivanno. Negli Stati Uniti c’è questa situazione assurda delle corporation che sono totalmente impersonali. Quando io mi pongo di fronte a questo problema e mi domando qual è il loro obiettivo finale, non riesco a pensare ad altro che all’autoreferenza assoluta. C’entra secondo me, anche l’idea della sicurezza che è fondamentale in questi ultimi anni. Questa paranoia della sicurezza che va dall’economia fino al terrorismo. Il controllo, l’idea che il governo debba governare in un certo modo.

E la vera dicotomia di questo momento, è la gente che si vuole rifugiare a fare la permacultura, le case di fango, gli orti biologici, l’ecosostenibilità eccetera  e lo fanno al fianco del pozzo del fracking. Allora se prima non fermi attività come il fracking le altre sono inutili, perché la tua casa di fango sarà piena di acqua col radon o col benzene, la melanzana biologica lo stesso.

Parliamo dell’acqua.

Il problema dell’acqua non è tanto la quantità che è già folle come cosa, anche se una miniera a cielo aperto consuma più acqua del fracking. Il problema è il flowback, ossia l’acqua di riflusso,per la quale non esiste tecnica di purificazioneche comunque,qualora esistesse, risulterebbe talmente costosa da rendere il fracking non più redditizio. Poi il fatto che l’acqua ha dei livelli di contaminazione che sono molteplici, primo la migrazione degli idrocarburi, una parte di questi scende e una parte sale. Nel caso di Vaca Muerta che è un giacimento che sta più o meno a 3000 m di profondità, esiste tutta una teoria sul fatto che ci sarebbero dei tappi geologici per cui l’idrocarburo rimarrebbe in quei settori e non arriverebbe alle falde acquifere. Ma questo non è dimostrato né dimostrabile, è un’ipotesi dei geologi del governo. Quindi c’è un inquinamento da migrazione di idrocarburo come si vede ad esempio nel film “Gasland” di Josh Fox, nella scena in cui aprono il rubinetto e con l’accendino si avvicinano all’acqua che fa una fiamma, e poi ce n’è un altro che è quello da chimici. Di tutta l’acqua che si usa l’80% rimane nella terra, dentro ai tubi che hanno un doppio strato di acciaio e cemento..

e quando si deteriorano?

È molto probabile e quasi certo che in una data X di un futuro più o meno lontano, tutta quest’acqua uscirà fuori. A lungo termine tutti i territori che sono stati fratturati saranno intrisi di questi agenti chimici cancerogeni, perché i tubi vengono lasciati dentro le trivellazioni ma essendo fatti di materiali soggetti a deterioramento, prima o poi si creperanno rilasciando l’acqua inquinata. E poi c’è il 20% di acqua che esce fuori. Dove si mette? Come si smaltisce? Allora si utilizzano dei pozzi ciechi di cemento, ma questo materiale pure ha una vita utile, quindi prima o poi inizierà a far filtrare l’acqua che tornerà alla terra. Il problema è che molte volte l’acqua contaminata viene buttata per strada dai camion che la portano via, come accade in Romania, oppure com’è successo in California il mese scorso la gettano in mare o come da noi nel fiume perché è vicino. L’acqua in realtà è la chiave di tutti questi processi estrattivi, non solo del fracking ma della soia, delle miniere, delle dighe, dell’energia elettrica, dell’accaparramento di terra e acqua, del nucleare che è un altro problema molto serio che c’è in Argentina e si lega al fracking, per quanto riguarda il progetto energetico.

Ma l’acqua dove la prendono?

Una delle ricette fondamentali per la frattura idraulica è infatti, che ci sia acqua disponibile, dei bacini idrici ed in più che sia gratis. Nel nostro caso ce n’è quanta ne vuoi, abbiamo tre fiumi enormi, certo già c’è una diga e ne stanno facendo un’altra, quindi i livelli dei fiumi salgono e scendono e c’è dunque, un impatto ambientale molto forte.

n.d.r. Solo la settimana successiva all’intervista, Giulio ci fa sapere che nell’ambito della riforma del codice civile e commerciale argentino, è stato cancellato l’art. 241 che stabiliva l’accesso all’acqua potabile come diritto umano. Pochi giorni dopo con la nuova legge sugli idrocarburi è stato legalizzato il fracking.

Un altro problema è il trasporto dell’acqua dal fiume ai pozzi, spesso lontani tra loro. Ciò implica l’alterazione delle infrastrutture per la quale è prevista la consulta previa, in base all’articolo 4 della legge nazionale dell’ambiente. Immagina che il traffico di camion, non di veicoli leggeri, si decuplica rendendo inevitabili gli incidenti, i camion cadono e rilasciano anche il loro contenuto che potrebbe essere metanolo, magari sono i chimici che producono esalazioni. Per non parlare del trasporto di materiali come la bauxite che serve per fratturare le arene compatte o lo scisto. Anche per quella enorme quantità di pietre c’è bisogno di trasporti,depositi e costruzioni di infrastrutture. Ora a Neuquen e a Vaca Muerta, c’è il problema del collasso di alcune strade non adatte a questo tipo di traffico e che purtroppo attraversano anche i paesi, allora si cerca di difendersi attraverso ordinanze che proibiscano il transito interno ai centri abitati di certi materiali.

A tal proposito, quali sono i vostri metodi di lotta?

Abbiamo fatto questo primo toxitour ed è stata una cosa interessante, l’idea l’abbiamo presa da quello che si faceva in Amazzonia quando si portavano le persone a vedere cosa avessero combinato Texaco e Chevron, che riempirono di petrolio tutto. E da lì abbiamo iniziato a fare anche altre iniziative tra cui l’adesione al Global Frackdown Day, il giorno internazionale contro il fracking durante il quale, per la prima volta Neuquen manifestò contro il petrolio. Abbiamo fondato il Parlamento Nazionale dell’Acqua, a cui hanno aderito vari movimenti sociali e partiti per organizzare quella che in Argentina, ripeto è la chiave di tutto, ossia la lotta per l’acqua. Si è deciso di usare la strategia delle ordinanze municipali, che proibissero nel tessuto urbano l’estrazione di non convenzionali, questa è una cosa che almeno disturbava e garantiva alla gente in città di non avere la presenza incombente dei pozzi. La prima ordinanza è stata deliberata a Cinco Saltos in zona Rio negro, lì c’è stata una grande partecipazione ed una vittoria. Dopodiché abbiamo provato ad Allen, e si è riusciti ad ottenere l’ordinanza municipale che però, è stata vietata da un giudice del supremo tribunale di giustizia della provincia che era molto vicino al governatore.
Abbiamo provato a fare ricorso ma non c’è stato verso, una lotta politica di due anni è stata cancellata da questa dichiarazione di incostituzionalità. In realtà c’è un articolo che dice che le risorse sotterranee sono della provincia e sono inalienabili, ma noi non la stavamo alienando la stavamo solamente conservando. E oltretutto ci sono anche altri articoli della costituzione nazionale e provinciale, che assicurano il diritto ad un ambiente sano a tutti coloro che vivono nel paese, non ai soli cittadini. Altri articoli della legge nazionale dell’ambiente parlano del principio di precauzione, forse la grande rivoluzione del diritto ambientale, che impedisce ogni azione se esiste il minimo dubbio di contaminazione. Queste cose non sono mai state considerate.

Facciamo inoltre incontri e spiegazioni nelle scuole. Abbiamo anche pubblicato un libro, che si intitola “Fracking no es no” e racconta la storia di un anno di APCA attraverso la raccolta di tutti i comunicati e gli articoli che sono usciti. Ora stiamo portando avanti un progetto dedicato alla memoria di Cristina Linkopan, che era la Lonko (guida spirituale e politica) della comunità Gelay Ko, morta a causa di una malattia polmonare procurata dall’inalazione di idrocarburi. Abbiamo già dipinto due murales, uno a Neuquen ed uno ad Allen. Lavoriamo molto sulla memoria di Tina perché vorremmo fare qualcosa per le quattro figlie. Stiamo portando a termine inoltre, il progetto di un’emittente radio nell’altra comunità Mapuche che non ha avuto il fracking  perché è riuscita a bloccare un giacimento, l’unica comunità ad avere avuto successo. Poi vedremo in futuro di riuscire a far arrivare l’acqua. Penso alla legge regionale del Lazio che ha un fondo di solidarietà internazionale di accesso all’acqua, se Renzi non la cassa come sta cercando di fare, si potrebbe riuscire ad avere qualcosa da lì.

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Chi vi aiuta a portare avanti la protesta?

Alcune associazioni di avvocati, ad esempio la AAAA Associazione Argentina Avvocati Ambientalisti. Ci appoggia in queste lotte Maristella Svampa, una sociologa importante che essendo nata ad Allen, s’è sentita coinvolta in prima persona in questa vicenda pur abitando a Buenos Aires, anche perché  il padre era un produttore di pere che ha dovuto lasciare il suo frutteto. Condividiamo anche il campo di battaglia con la deputata di Neuquén Beatriz Kreitman che da anni spende le sue energie per difendere la natura, appoggiando e riconsocendo le nostre lotte. Abbiamo avuto degli appoggi, ma se andiamo a vedere non tanti quanti sarebbero stati necessari. In realtà la situazione è molto estrema, persone su cui puntare per fare una lotta sono molto poche, tra queste c’è Magdalena Odarda deputata di Rio negro che ora è diventata senatrice nazionale. E poi noi come assemblea ci muoviamo all’interno dell’Unione delle Assemblee Cittadine nazionale (UAC) ed anche la regionale patagonica (UAP).
Ma sono territori così grandi, che risulta difficile la partecipazione per appoggiare una causa specifica. Va considerato che questa gente non è abituata alle lotte, per loro è difficile pensare di dover opporsi a qualcosa e di uscire dal loro paese ogni volta che c’è una riunione.

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Ad Allen oggi il morale è sotto le scarpe dopo due annullamenti manu militari. Invece a Neuquen la situazione è un po’ differente, perché non solo la zona è lontana dalla città, molta gente nata a Neuquen  non è mai andata  nella comunità mapuche nonostante siano a pochi chilometri, ma è anche un luogo dove alcune delle comunità mapuche presenti sul territorio, portano avanti una duplice politica, di negoziazione con le imprese enello stesso tempo di lotta contro il fracking. Lo dico perché, pur essendo certo che queste persone siano impattate in modo drammatico, la loro volontà di negoziazione per ottenere benefici che alla fine ottengono, consegna territori alle imprese. Esse prenderanno possesso della terra e vi opereranno colpendo così, indirettamente, molte altre persone che non avranno mai diritto a niente, e se finiranno per ammalarsi o morire per la contaminazione prodotta dall’attività estrattiva, questo difficilmente potrà essere dimostrato. Perciò il nostro motto è “Fracking NO ES NO!”.Noi come assemblea abbiamo deciso ad un certo punto di non agire più insieme a loro e di non partecipare più alle loro manifestazioni, tranne ad una fondamentale, il giorno dell’approvazione dell’accordo tra Chevron e YPF a livello provinciale, quella in cui la polizia per sedare la protesta, ha sparato ferendo un manifestante, professore di Storia dell’Universidad Nacional del Comahue, che ha ancora il proiettile vicino ad un polmone. Siamo rimasti invece in contatto, con la comunità Gelay Ko di Cristina Linkopan e quella di Winkul Newen di Portezuelo Chico di cui è membro suo cugino Martin Maliqueo. Quest’ultima vive una situazione particolare, essendo una delle poche che attraverso l’azione diretta, è riuscita a fermare da circa un anno l’estrazione e i pozzi. A causa di uno sversamento di petrolio nel proprio territorio,la comunità ha deciso di bloccare il passaggio all’impresa Apache e per tutta risposta, hanno subito due tentativi di sgombero da parte della polizia. Durante il secondo si sono difesi e per questo hanno ricevuto due denunce per tentato omicidio di pubblico ufficiale ed un processo che è tutt’ora in atto. Oltretutto questa comunità sta vivendo nel suo territorio ancestrale una carenza di acqua sempre maggiore, dovuta al fatto che le prove sismiche per installare i pozzi hanno chiuso le sorgenti presenti nella zona.

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Tenendo presente lo scenario che ci hai descritto, cos’è che ti spinge ad andare avanti?

Innanzitutto aver iniziato. C’è una grande fiducia nel processo di inizio di qualcosa che cambia la dimensione del posto dove sei ed in qualche modo, siamo riusciti ad ottenere dei risultati. Il lavoro nelle scuole è un lavoro invisibile ad esempio, ma scommette sulle nuove generazioni. Personalmente credo che siamo dentro una dimensione naturale, parte integrante di questa e se per ora la situazione è disperata penso non lo sarà per sempre. L’idea è quella di far sì che la gente in futuro non faccia ciò che sta facendo oggi, spinta dalla povertà che generano questi processi, bisogna cercare di interromperli per permettere un altro tipo di sviluppo. Sacrifico il mio tempo perché capisco, che se non cerchiamo di mettere i bastoni fra le ruote a cose come il fracking, le altre tipo la biocostruzione o la permacultura, che amo fare, perché penso che sia un alto simbolo di civiltà costruire la propria abitazione con le mani e con mezzi naturali, non potremo mai più farle. Le faremo solo quando sarà la necessità ad imporcelo e quindi in una situazione sgradevole. Mi spinge il rispetto per i popoli originari, per i quali la guerra è solo una delle parti della vita di una persona, dove il conflitto è contemplato perché educativo, soprattutto se è un conflitto per maturare e per capire. Infine c’è un coinvolgimento spirituale, perché si diventa in qualche maniera erede di certe cose anche se non lo vuoi.

 

Giulia Di Trinca

 

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Il popolo di Misiones non vuole più dighe!


Misiones organizza una consulta popolare contro la costruzione di nuove dighe

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Lunedí 20 ottobre è iniziata la consulta  sobre represas (consulta popolare sulle dighe) nell’estremo nord est  dell’Argentina, in una lingua di terra stretta tra Brasile e Paraguay, la provincia di Misiones.

Questa grande consulta popolare  (che terminerà domenica 26 ottobre) è stata organizzata dalla Mesa Provincial NO a las represas di Misiones e nonostante non sia vincolante sarà un’opportunità molto importante per rendere visibile la volontà popolare.
Nella provincia di Misiones la mobilizzazione contro la costruzione di nuove dighe nel territorio del bacino dei fiumi Uruguay e del Paranà (che coinvolgono il Brasile, L’argentina e il Paraguay) è iniziata nel 2004 da un’assemblea cittadina di Azara dove si facevano riunioni in piazza dopo che la popolazione locale aveva avvistato dei pick up sopetti aggirarsi per questo territrio subtropicale e ricco d’acqua.

Carte-politica

Negli anni la mobilizzazione è cresciuta e dalle assemblee cittadine si è passati ad organizzare a una tavola provinciale a cui partecipano più di 50 organizzazioni, tra sindacati, movimenti sociali e religiosi, assemblee, individualità etc.  Il lavoro che è stato portato avanti ha dato come risultato tanto l’accesso all’informazione, che ha  svelato i progetti per la costruzione di 3 nuove dighe per la produzione di energía idroelettrica Panabì e Garabì sul fiume Uruguay e  di Corpus  sul fiume Paranà, quanto un forte potere mobilizzante di cui  è stata espressione l’importante marcia del 2013, di 157, Km, da Pambi a Posadas (capoluogo), durata 5 giorni, molto partecipata e immortalata nel documentario Rios Libres.

La data  che è stata scelta quest’anno per la consulta popolare  invece non è casuale, ma vuole ricordare al governo locale il suo dovere di adempiere con la legge Provinciale IV- N.56,  che “obbliga lo stato provinciale a organizzare un referendum vincolante e irrinunciabile previo alla realizzazione di qualsiasi progetto idroelettrico”  come si legge in un volantino che ci ha dato Raul Aramendy uno dei membri responsabili della Mesa Provincial NO a las Represas. Un dovere che fino ad ora è risultato incompiunto.
Il territorio misionero ( che deve il suo nome alle antiche missioni gesuitiche del ‘500, ma mantiene una forte presenza indígena dovuta ai Mbya  e ai Guaranì) è già flagellato dalla presenza di circa una decina di dighe nella sua bioregione ( che comprende il Brasile, il Paraguay  e le vicina provincia argentina di Entre Rios) la più grande delle quali è la Yaciretà, un progetto idroelettrico binazionale portato a termine durante la Dittatura Militare, all’inizio degli anni ’80.
Nello scorso luglio parte della provincia si è improvvisamente risvegliata immersa nell’acqua che è  straripata dalla diga di Chapecò , in Brasile,  a causa della deforestazione, che modifica il suolo privandolo della sua peculiare funzione di assorbimento dell’acqua per  ricaricare gli acquiferi sotterranei.
Il territorio che invece risulterebbe impattato dalla costruzione delle dighe in questione risulta essere di circa 30 mila ettari di fertilissisme terre produttive e cambierebbe il destino di circa 3 mila famiglie tra rurali e indigene, cioè una popolazione di circa 15-18 mila persone “perché sono tutte famiglie numerose, con 5 o 6 figli, che vivono della produzione agrícola o dell’allevamento …in un momento in cui la domanda di cibo è sempre più incalzante usare tutto questo territorio per arrivare a produrre al massimo 1000 MW all’anno tra dieci anni con un investimento di circa 5.5 milioni di dollari, appare piuttosto strano… bisogna demistificare la crisi energética che si dice colpisca l’Argentina ” dice Eduardo Lujan, un altro dei responsabili della Mesa Provincial NO a las Represas.

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Ci sono diversi motivi che spingono questo movimento ad affermare un NO a questi progetti energetici che dimostrano col loro impatto socio-ambientale la mentalità depredatrice dell’economia estrattivista e dei suoi complici. Tutto questo è stato reso possibile dall’accordo tra la Presidente brasiliana Dilma Roussef e l’argentina Cristina Fernandez De Kirchner e portato avanti dal ministero dell’economia e dello Sviluppo e dal Consorcio Energético del Río Uruguay, un consorzio di imprese del ramo della costruzione di dighe socie dell’Ente binazionale Yaciretà.
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Nei volantini che circolano a Posadas, nei vari seggi auotgestiti, ma rigorosamente controllati  da scrutatori volontari, leggiamo che la popolazione rifiuta questi progetti “perché già si conoscono i danni ambientali e sanitari prodotti dalle altre mega dighe (Yaciterà e Salto Grande) e non si vogliono ripetere tali errori; perché sono le stesse Organizzazione Mondiale della Salute e l’ONU a sconsigliare la costruzione di dighe in zone con quest tipo di clima subtropicale; perché i popoli indigeni perdono così i loro territori ancestrali, la loro cultura e la loro spiritualità; perchè le mega dighe solo generano benefici per le imprese e i consorzi edili e per un minuscolo settore dei governi locali,  perché le dighe sono distruttive contaminati e no rinnovabili e soprattutto perché rispettiamo la Vita…”.
In questa atmosfera in cui in ogni ospedale, facoltà universitaria, sede sindacale, piazza e scuola si organizzano e si incontrano persone comuni per esprimere la propia opinione sui progetti idroelettrici, giunge la notizia che già 70 mila persone (su 600 mila aventi diritto) hanno votato e che una schiacciante maggioranza sembra proprio rifiutare questo tipo di política energética. Tra loro anche la famosa e instancabile Nora Cortiñas de Madres da Plaza de Mayo Linea Fundadora. Un piccolo aiuto a questa grande mobilizzazione viene anche dall’Italia, grazie alla mostra d’arte contemporánea “Arte Acqua Donne e Vita” curata dalla Critica d’arte italiana Francesca Pietracci.
Questo progetto, ospitato nella sede provinciale del sindacato ATE,  unisce le opere di 17 artiste residenti in Europa e le testimonianze scritte di 9 attiviste argentine impegnate nella lotta in difesa dell’acqua e vuole mettere in relazione l’arte e l’importanza dell’elemento acqua con tutto il suo portato simbolico e corporeo  femminile, che arriva fino alle lotte socioambientali in cui la partecipazione femminile è molto forte.
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Nella favolosa espressione della primavera subtropicale di Misiones e nella sua natura lussureggiante, i movimenti sociali affermano ancora una volta la propria posizione in difesa dell’acqua e della biodiversità.

In molti luoghi dell’Argentina di oggi si sta assistendo alla contaminazione o all’uso improprio dell’acqua, a causa dell’estrattivismo e dei progetti delle multinazionali avallati dai governi nazionali e locali, l’esempio che dà la gente di questa terra dovrebbe essere replicato in tutti quei luoghi.

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FRACKING ¡NO ES NO!

Movilización nacional simultanea en contra de la nueva ley nacional de hidrocarburos

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En un escenario mundial donde la carrera a los recursos hidrocarburíferos esta desencadenando guerras, Argentina cumple con los objetivos geopolíticos que le imponen las potencias del mundo: extracción de hidrocarburos NO convencionales, producción de monocultivos transgénicos y extracción tóxica de metales, fundamentales para la industria bélica de las potencias, que hacen la guerra para enriquecerse ilícitamente al costo del derramamiento de la sangre de los inocentes.

Según las palabras de la Presidente Cristina Fernández de Kirchner: “El modelo argentino no ha sido un mal negocio para Washington…”

Es por esto que nos paramos frente a la nueva LEY DE HIDROCARBUROS que LEGALIZA el FRACKING en este País y que sólo apunta a favorecer la acumulación de capitales financieros alrededor de la explotación de los yacimientos no convencionales.
El argumento del autoabastecimiento energético y del desarrollo que nos venden las industrias extractivas se cae frente al argumento de la vida sostenible, salubre y plena que demandan las voces de las comunidades del mundo.
El fracking atenta contra la vida toda y pone principalmente en riesgo las reservas de AGUA DULCE, EL SUELO Y EL AIRE, indispensables para el desarrollo de la vida y la obtención de alimentos saludables. Este gobierno será responsable frente al pueblo argentino y frente a la población mundial de la salud y la vida de esta y de las próximas generaciones.

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Las asambleas socioambientales de Argentina, formamos parte de un movimiento que viene resistiendo a la POLITICA (NEO)EXTRACTIVISTA a la que este gobierno ha dado vía libre, convirtiéndola además en su política de Estado.
Esta resistencia a los agronegocios y a la megaminería, hoy levanta la voz para decir una vez más ¡NO a la HIDROFRACTURA!!



En Argentina, como en el resto del mundo, la sociedad conoce los daños irreversibles que ocasiona la extracción de los NO CONVENCIONALES, un proyecto ecocida diseñado por las multinacionales del petróleo que gobiernan y tiene como títeres a los funcionarios de esta PSEUDO – DEMOCRACIA, en la que han sabido poner a sus emisarios, como Galuccio, que administra desde y para empresas como SCHLUMBERGER.

En Argentina la RESISTENCIA POPULAR es un hecho consumado, que los gobiernos se niegan a aceptar.

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– Más de 40 CIUDADES y DEPARTAMENTOS ya han declarado a sus JURISDICCIONES LIBRES de FRACKING.

– se ha detenido el avance de proyectos hidrocarburíferos como “EL TRÉBOL”, en la provincia de Chubut y están cuestionadas las explotaciones en la Reserva Natural Protegida Auca Mahuida en la provincia de Neuquén;
-se ha obligado en Allen, en la Provincia de Rio Negro, a empresas como APACHE e YPF, a paralizar la producción (ocasionándoles perdidas por miles de dólares) a causa de los incidentes debido a las maniobras irresponsables ignorados los organismos de fiscalización del gobierno provincial gracias a la FALTA de CONTRALOR ;
-se ha difundido y profundizado las noticias referidas a incidentes por FRACKING, como las PERDIDAS de las PASTILLAS RADIACTIVAS en Neuquén por parte de HALLIBURTON;
– se ha apoyado a las comunidades mapuce afectadas directamente por derrames, explosiones de pozos y de destilerías y a la vez criminalizada por defender su territorio ancestral. Estas mismas han aportado conciencia en las poblaciones locales, acerca de los peligros para la vida que representa el fracking;
-se han organizado manifestaciones públicas de las comunidades afectadas y las que lo serán. Esto ha obligado tanto al GOBIERNO NACIONAL (& POPULAR) como al GOBIERNO PROVINCIAL DE NEUQUÉN  a hacer uso de la REPRESIÓN como herramienta para defender y lograr sus propósitos, tal lo ocurrido en la legislatura neuquina, el 28 de agosto de 2013 durante el acuerdo YPF-CHEVRON, hecho que visibilizó lo que viene ocurriendo con las comunidades mapuces de la Patagonia (Gelay- Ko y Winkul Newen),  y la CRIMINALIZACIÓN y JUDICIALIZACIÓN de las luchas en ENTRE RÍOS donde hay asambleas perseguidas y violentadas por la “justicia” y la obediencia “debida” de la Gendarmería Nacional, ambos organismos abusadores de poder.

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Saqueo y represión son las dos caras de la moneda nacional que se alinean al plan de militarización en todos aquellos lugares donde se hallan bienes naturales como metales, hidrocarburos, agua y extensiones territoriales y que trabaja para bifurcar normativas y darle garantía jurídica y blindaje a las corporaciones.
La reciente reforma del Código Civil y Comercial es un claro ejemplo de esto. Elimina el art.241 concerniente al agua potable como derecho humano. Con esto el Estado ya no es responsable de garantizar este elemento vital a la población, y el agua deja de ser un bien común, para ser entregada a los proyectos extractivistas.
El fracking es esencialmente violento y destructor, vulnera no sólo los derechos humanos, sino también los derechos de la naturaleza. Afecta a la salud humana por  contaminación que genera, y van a ser muchos los casos parecidos a aquel de CRISTINA LINKOPAN, longko de la comunidad Gelay-ko, fallecida por hipertensión pulmonar.  Así mismo se generará el desplazamiento de las comunidades originarias de los territorios ancestrales, y la persecución y la muerte de los líderes comunales que no están dispuestos a negociar la vida a cambio de pocos beneficios.

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En el mes del Octubre Azul, y en el DÍA INTERNACIONAL EN CONTRA DEL FRACKING llamamos a hacer consciente la necesidad del CUIDADO y la DEFENSA del AMBIENTE que HABITAMOS y del que SOMOS PARTE.
La conexión e interdependencia entre TIERRA -AGUA -AIRE y VIDA, es el fundamento inalienable para protegerlos:

La lucha en contra del fracking no puede pasar por las negociaciones entre sectores.
¡LA VIDA Y EL AGUA DE LOS PUEBLOS NO SE NEGOCIAN!
¡LAS ASAMBLEAS DECIMOS NO es NO!
¡Las negociaciones y “regulaciones” quieren decir SI!
¡Bajo ningún argumento ni beneficio se puede negociar la vida!!

LAS ASAMBLEAS CONVOCAMOS A MANIFESTARNOS EN ALERTA Y MOVILIZACIÓN PERMANENTE ANTE LOS RIESGOS QUE IMPLICA LA APROBACIÓN DEL PROYECTO DE LEY DE HIDROCARBUROS  QUE SE TRATARÁ EN EL CONGRESO DE LA NACIÓN LA PROXIMA SEMANA. LLAMAMOS A ESTAR ALERTA ANTE ESTA NEGOCIACIÓN PARA SALIR JUNTOS A LAS CALLES

 

SABADO 11 DE OCTUBRE

DÌA MUNDIAL EN CONTRA DEL FRACKING

DESDE LAS 15 HORAS

EN LOS TERRITORIOS EN RESISTENCIA

 

Y EXIGIR:
– QUE  SE REINCOPORE YA EL EX ART 241 EN EL NUEVO CODIGO CIVIL, – –¡QUE EL AGUAVUELVA A SER UN DERECHO HUMANO FUNDAMENTAL!!
QUE SE APRUEBE LA MORATORIA AL FRACKING! Y ANTE TODOS LOS PROYECTOS EXTRACTIVOS QUE ATENTAN CONTRA LA VIDA PRESENTE Y FUTURA!!
¡QUE SE ANULE EL DECRETO INCONSTITUCIONAL, GENOCIDA  N° 929/13 del Poder Ejecutivo Nacional!!
¡QUE SE HAGA PUBLICO EL CONTENIDO DEL ACUERDO CHEVRON-YPF!!
QUE LA GENOCIDA CHEVRON Y TODAS LAS MULTINACIONALES ASESINAS SE VAYAN DE NUESTROS TERRITORIOS. ¡QUE YPF DEJE DE HACER  FRACKING!!
¡QUE SEAN REMOVIDOS  DE LA JUSTICIA TODOS LOS QUE  RESUELVEN A FAVOR DE LA MUERTE Y LA AVARICIA!!

info
apca2012@autistici.org

299-4-616521
299-4-167302

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Malvinas Argentinas: Quale parte del “no” è quella che la Monsanto non comprende?

da http://comitatocarlosfonseca.noblogs.org/ 

Tra il 53% e il 65% della popolazione di Malvinas Argentinas, Córdoba, rifiuta l’installazione della Monsanto e il 91% chiede un referendum per ratificarlo. L’accampamento di residenti compie un anno impedendo la costruzione di un impianto di semi transgenici. L’impresa gioca a logorare e ad insistere nel 2015 con la complicità politica, secondo la voce delle compagnie.

In un anno, il quartiere cordobese di Malvinas Argentinas si è trasformato nell’epicentro mondiale della lotta contro la multinazionale Monsanto. Dal 19 settembre 2013 i suoi abitanti bloccano la costruzione dell’impianto di immagazzinamento di semi transgenici più grande del mondo. Da allora hanno subito repressioni della polizia, delle squadracce guidate dall’UOCRA, li ha visitati Manu Chao, ricercatori come il dottor Andrés Carrasco o Raúl Montenegro, attivisti dei diritti umani come Nora Cortiñas e Adolfo Pérez Esquivel e in tutto il mondo si segue con attenzione l’evoluzione di questo conflitto in cui una comunità rifiuta l’imposizione di una compagnia.

La sequenza è stata da vertigine: di fronte al rifiuto sociale, l’impresa ha ritirato le sue macchine, la giustizia a gennaio ha bloccato le opere; a febbraio è stato respinto lo studio di impatto ambientale dell’impianto; a giugno è stata approvata una nuova legge provinciale di impatto ambientale ed è avvenuta un’altra repressione. E oggi, di fronte al festival che festeggia l’anno e il trionfo del blocco, la Monsanto annuncia che presenterà un nuovo studio dopo le elezioni del 2015.

Come cambia la gente

“Sembra una menzogna che tutto questo sia avvenuto in un anno” dice Vanesa Sartori, psicologa e residente, membro dell’Assemblea Malvinas Lotta per la Vita. “Pensare che quando è incominciato l’assemblea non aveva idea di cosa fosse la Monsanto, né che facesse. Oggi siamo svegli, questo ci ha insegnato a diffidare di ciò che ti vogliono vendere. Non solo per la Monsanto, ma che radio ascoltare, che programma tivù vedere. Abbiamo uno spirito più critico, più indipendente e sappiamo che non tutto è come ci dicono. Malvinas mai tornerà ad essere ciò che era, al di là della Monsanto.

Malvinas è una località soiera di 12 mila abitanti che il Censimento del 2010 ha dichiarato come quella con maggior indice di Necessità Basilari Insoddisfatte di tutta Córdoba. La storia della sua trasformazione ha questa genetica: non per nulla la Monsanto la ha scelta come luogo sensibile per costruire l’impianto di immagazzinamento di semi più grande del mondo.

25 su 100 gravidanze

Malvinas Argentinas non aveva nemmeno precedenti di lotta, nonostante che nel febbraio del 2013 uno studio dell’Università Nazionale di Córdoba scoprì che 25 su 100 donne perdevano la propria gravidanza, e che in certi quartieri la probabilità di contrarre il cancro era di otto volte maggiore della media nazionale, e quella di avere figli con malformazioni più del doppio.

Questo crimine silenzioso non era saltato all’occhio come nel vicino Quartiere Ituzaingó Anexo, con le Madri di Ituzaingó in testa. L’annuncio di posti di lavoro e dell’attività commerciale di un impianto di semi ha portato le domande che i malvinesi non si erano ancora fatti, e la ricerca delle loro risposte.

Informazione e sapere popolare

La nascita dell’Assemblea di Malvinas Lotta per la Vita ha una data: 24 luglio 2012. Quel giorno fu organizzata una prima “riunione informativa” riguardo l’impianto, alla quale parteciparono 200 persone, tra loro il ricercatore Raúl Montenegro che stava sostenendo la lotta delle Madri di Ituzaingó. “Mi sconvolsero molto le prime parole che ascoltai”, rivela Esther Quispe, una residente, mettendo in risalto la visita del dottor Andrés Carrasco. “Non potevo credere che fosse certo. Mi serviva pensare: ehi, sarà così?”.

Vanesa: “Allora abbiamo incominciato a renderci conto perché succedevano certe cose. Per esempio, mia cognata è fisioterapista e faceva il tirocinio qui a Malvinas. Conversando con delle compagne le ha attirato l’attenzione la quantità di bebè con problemi respiratori che c’erano. C’erano queste voci, erano un sapere popolare ma non c’era informazione”.

Tra il 57% e il 65% contro la Monsanto

Un rapporto certificato dal CONICET divulgato in agosto riassume il percorso che hanno fatto gli abitanti di Malvinas riguardo il sapere e lo scegliere: rivela che il 58% della popolazione di Malvinas Argentinas considera che l’installazione dell’impianto della Monsanto comporterebbe un “alto” rischio per la comunità. “Questi dati suggeriscono che ci sia una consistente maggioranza della popolazione che mantiene una ferma posizione di rifiuto dell’impianto della Monsanto”, sottolinea il ricercatore dell’istituto e coordinatore generale del rapporto, Victor Mazzalay, nel lavoro i cui dati riproduciamo a seguire.

Si è trattato di uno studio di opinione pubblica su 358 cittadini richiesto dall’organizzazione Avaaz (che si incarica di effettuare campagne ed azioni per accompagnare proteste ambientaliste, tra le altre, alle autorità politiche) e realizzato da Mazzalay attraverso il Servizio Tecnologico di Alto Livello (STAN), dispositivo che il CONICET offre a imprese, ong e privati che pagano per questo. Il CONICET ha spiegato con enfasi che il rapporto non è di sua realizzazione, secondo quanto ha spiegato con enfasi a lavaca.

I risultati:

  • Quasi il 91% (9 su 10 indagati) si è dichiarato a favore di una consultazione popolare o di un referendum sull’installazione della Monsanto a Malvinas Argentinas. Quasi 9 su 10 (86 per cento) considerano che i risultati di questa consultazione dovrebbero essere anche di “obbligatoria attuazione” da parte delle autorità.
  • Se la consultazione fosse effettuata, il 57% voterebbe per il “NO” all’installazione dell’impianto. Siccome alcuni non andrebbero a votare, lo studio ha fatto un sottocampione delle persone che darebbero il voto. La risposta si è acuita: quasi il 65% ha dichiarato che voterebbe per il “NO” all’impresa.
  • Il 71% ha ritenuto che se si installasse l’impianto gli “azionisti della Monsanto” sarebbero i principali beneficiari, mentre quasi il 58% ha suggerito i funzionari municipali, provinciali e nazionali.
  • E il principale danneggiato? Quasi il 64% ha precisato che sarebbe “tutto il popolo di Malvinas”, mentre il 34% ha detto che sarebbe “la maggioranza degli abitanti” del paese.
  • 7 persone su 10 si sono dichiarate d’accordo con le azioni effettuate dalle e dai residenti di Malvinas Argentinas per impedire l’insediamento della Monsanto a Córdoba. Solo 2 su 10 (21 per cento) non sono d’accordo.
  • I ricercatori e le ricercatrici del CONICET si sono mostrati sorpresi “dall’altissimo livello di visibilità pubblica” del conflitto. Quasi il 95% della popolazione sondata è informata della questione.

L’ultima parte del rapporto presenta alcune considerazioni analitiche sulla lettura dei risultati. In questo senso, rispetto alla richiesta di consultazione popolare o referendum, il ricercatore Mazzalay sottolinea: “Questo suggerisce un’ampia legittimità di questo meccanismo come uno strumento per prendere decisioni pubbliche definitive, e allo stesso tempo una richiesta generalizzata di un modo di partecipazione nel quale la cittadinanza possa essere ascoltata dalle autorità senza esporsi a probabili sanzioni”.

Perché lo studio avverte questo? Mazzalay chiarisce: “In precedenti studi è stato dimostrato che una importante porzione di cittadini ha manifestato di non sentirsi sicura a pensare contro, o fare azioni di contestazione dell’installazione dell’impianto”.

Il rapporto conclude: “Considerando i risultati di precedenti studi, questi dati suggeriscono che ci sia una consistente maggioranza della popolazione che mantiene una ferma posizione di rifiuto dell’impianto della Monsanto. Da notare che trascorso più di un anno, dalla realizzazione nel marzo del 2013 di uno studio di opinione, la distribuzione delle posizioni si mantiene simile nonostante le numerose azioni dei diversi attori coinvolti”.

Trasversalità modello 2014

Torniamo a settembre 2013. L’assemblea sapeva di non voler l’impianto, ma, come evitarlo? “Vedevamo come qualcosa di possibile incominciare l’accampamento, ma impossibile mantenerlo”, ricorda Esther sulle strategie di allora. “Credevamo che di lì a pochi giorni sarebbe venuta la polizia ad allontanarci. E oggi siamo ad un anno. La polizia è venuta, ma non ha potuto nulla. Oggi come oggi uno può dire che si possono affrontare queste grandi compagnie e mettersi di traverso al Governo”.

Quel 19 settembre 2013, l’assemblea decise di organizzare un festival con la scusa del Giorno della Primavera. Lo chiamarono Primavera Senza Monsanto e convocarono degli artisti per dare del colore alla protesta e festeggiare allegramente la resistenza. Ma la mossa non aveva a che vedere solo con il festival. Questa era anche un scusa: “Quel giorno cominciammo il blocco che oggigiorno continua”, dice Sofía Gatica, una di quelle che immaginarono questa modalità per mettere un freno alla costruzione dell’impianto.

Gatica è una delle Madri di Ituzaingó e uno degli emblemi della lotta contro la Monsanto in Argentina e nel mondo. Ad un anno della sua nuova lotta, dice: “Se debbo fare un bilancio di quest’anno, vedo che siamo diventati più ribelli”. E nella prospettiva del movimento trasversale che si è creato tra abitanti di diverse località, ricercatori, avvocati, studenti, artisti e militanti sostiene che “a Córdoba c’è una resistenza molto grande. Qua si farà questa rivoluzione di poter cacciare questa multinazionale”.

La minaccia 2015

Nonostante ciò, la Monsanto sembra pronta ad insistere con l’impianto. Non sembra casuale che un giorno prima della celebrazione di un anno di blocco il quotidiano cordobese La Voz del Interior (“ilClarín di qua”, abbozza Vanesa perché di fatto appartiene a suddetto gruppo) comunichi che “fonti legate all’impresa” informano di rimandare la presentazione di un nuovo studio di impatto ambientale –così come lo richiede la nuova legge provinciale– fino alla “metà del prossimo anno” per “evitare una politicizzazione addizionale a quella che hanno già organizzato i gruppi che si oppongono all’installazione”.

Vanesa: “Non possiamo abbassare la guardia perché loro non riposano. Vogliamo che si concluda, siamo stanchi, questo è molto spossante. Sappiamo che vale la pena appieno, ma sentiamo che si continua a differire. E questa è la strategia di loro”.

Questo venerdì 19, alle 13.00 comincerà il festival Primavera Senza Monsanto a Piazza San Martín, del secondo settore di Malvinas Argentinas, Córdoba. Tra gli artisti che hanno confermato la propria partecipazione ci sono Carly Jiménez, Rubén Patagonia, Jauría, Perro Verde, Plantas, La cruza e altre. Ci saranno seminari, riunioni, proiezioni e radio aperta.

”Sarà un altro sforzo per continuare ad andare avanti”, riassumono le abitanti.

18/09/2014

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Liberi i 4 di Entre Rios dopo due giorni di detenzione illegale e abusi. La lotta al fracking continua!

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Dopo quasi trentasei ore di detenzione (dall’1 di domenica 3 agosto alle 12.30 di lunedì 4) sono stati liberati i quattro membri delle assemblee territoriali di Entre Rios arrestati durante il blocco stradale selettivo iniziato sabato 2 agosto. La detenzione per loro non è stato un momento facile. Aldilà del normale disappunto e sconforto che genera ogni tipo soggiorno nelle patrie galere, il trattamento riservato ai quattro è stato pensato e realizzato ad hoc dal corpo Gendarmeria Nacional.

 

Secondo la dichiarazione di Facundo Scattone Moullines dell’Assemblea di Concordia le ore di detenzione sono state terribili perché i gendarmi li hanno tenuti ammanettati e rinchiusi tutto il tempo, e nel frattempo ci sono state aggressioni, si può considerare anche un’aggressione il fatto di non fornire i medicinali necessari per curare le ferite di Francisco. “Io stavo in cella con Francisco e Bernardo, l’unico che è stato separato da noi è stato Horacio. Da quel momento sono iniziate le aggressioni contro di me di me e contro Bernardo… ma è un po’ difficile raccontarlo”, dice Facu.

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Bernarndo Zalisñak, di 66 anni, sempre dell’Assemblea di Cooncordia ha dichiarato che “si può dire che sono stato torturato, colpiscono bene per non lasciare segni, ma alcuni mi sono rimasti, come quelle dei calci nelle caviglie… son riusciti a trasformare questo episodio in una specie di ESMA, (Escuela Superior de Mecánica de la Armada, tragicamente famosa durante la dittatura militare per essere il più grande centro di detenzione illegale e tortura dell’Argentina) io per la ESMA ci sono passato”.

 

Francisco Larroca dice che “ciò che è successo è stato proprio di una dittatura”. “ci hanno messo in una stanza con il televisore a tutto volume tutto il tempo e siamo stati sempre senza poter comunicare con nessuno”. Durante la manifestazione, che non ha mai bloccato la ruta 015, ma solo intercettato i trasporti eccezionali che dovevano portare i veicoli per le prove sismiche in Uruguay, “era tutto tranquillo e all’improvviso alcuni gendarmi mi hanno strattonato, gettato al suolo e dato tre manganellate, una alla schiena e due alla testa”. Ma nonostante fossi “ferito e insanguinato, non è stata chiamata l’ambulanza e mi hanno portato all’ospedale sul camion della Gendarmeria, e la mattina dopo mi hanno trasferito alla sede della Gendarmeria di Concordia, con gli altri”.
Anche rispetto al luogo di detenzione precisa che  non essendo un luogo destinato alla detenzione hanno subito una procedura illegale fino a quando sono stati tutti e quattro trasferiti al tribunale di Concepcion del Uruguay (sempre in Argentina) dove gli è stata fatta causa dalla giustizia federale.

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L’azione dei quaranta agenti della Gendarmeria che ha portato allo sgombero del blocco delle assemblee dalla ruta 15, all’altezza della frontiera con l’Uruguay , di fronte al valico Salto Grande, e agli arresti dei 4 integranti sembra non essere stata legittimata da nessun ordine giudiziario e questo vorrebbe dire “trovarsi di fronte a un illecito… aspettiamo che spunti fuori un mandato giudiziario o un ordine presidenziale, altrimenti potremmo parlare di un sequestro da parte della Gendarmeria … “

 

L’appoggio dei movimenti sociali e di alcuni esponenti di partiti , sindacati e associazioni è stato fondamentale per esercitare la pressione necessaria sulla Gendarmeria. Le assemblee di Concordia e di Concepcion del Uruguay sono membro de la UAC (Union de Asambleas Ciudadanas), un coordimanento di assemblee territoriali che si occupano da più di dieci anni di problemi socio ambientali da cui l’Argentina è così tragicamente  afflitta e proprio dalla UAC è arrivato l’appoggio più forte e solidale con i quattro.

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Sono state indette anche varie manifestazioni per il rilascio dei quattro, sia sul territorio di Entre Rios che a Buenos Aires di fronte alla Casa de Entre Rios.
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L’azione della Gendarmeria non può che essere letta come un’intimidazione ai movimenti contro il fracking, allo stesso tempo contro tutto il modello estrattivista promosso dal governo nazionale e da quelli provinciali.
Entre Rios è una provincia che da tempo si batte contro il fracking, soprattutto per mezzo delle ordinanze municipali che proibiscono l’uso di questa tecnica nei tessuti urbani. Perché in Argentina è normale perforare pozzi di petrolio e di gas nelle città perfino dentro ai quartieri popolari. Il divieto urbano non risolverebbe certo il problema del fracking, ma limiterebbe fastidiosamente i lavori delle multinazionali della lobby del fracking.

 

 

 

 

 

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Dopo questo ennesimo atto di repressione  che si aggiunge a quella del 2011 della Comunità mapuche di Gelay Ko, nella provincia di Neuquén, e quella del  28 agosto 2013 a Neuquén Capital, si apre una nuova stagione della lotta al fracking in Argentina.
Come ci ha detto Bernardo, in una conversazione privata dopo la sua liberazione, “ noi stiamo benissimo, solo che siamo molto arrabbiati – con questo fatto – hanno gettato benzina sul fuoco, le assemblee si sono moltiplicate per numero e per impegno, ma soprattutto per il sentimento di solidarietà della gente”.

 

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Argentina Fracking e repressione 4 arresti a Entre Rios per blocco stradale

In Argentina il fracking è diventato ormai sinonimo di repressione. Ad accompagnare le promesse da Eldorado fatte dal governo nazionale e provinciali di Neuquen, Rio Negro, Chubut e Entre Rios riguardo allo shale e tight gas, le cui estrazioni dovrebbero risolvere la crisi energetica in cui versa il paese e risollevare i problemi dell’occupazione, ci sono sempre di più le divise delle polizie provinciali e della Gendarmeria Nacional che spesso a manganellate e altrettanto spesso col piombo ribadiscono l’ordine arrivato dagli Stati Uniti, fratturare e estratte il più possibile.

Se però Neuquén e Chubut sono province che storicamente hanno fatto del petrolio una delle loro matrici produttive, le altre stanno subendo una trasformazione petrolifera radicale. Entre Rios per esempio ospita nel suo sottosuolo l’acquifero Guaranì la riserva d’acqua sotterranea più grande del mondo che andrebbe intaccata con il progetto di Frattura idraulica nella provincia della mesopotamia argentina a nord di Buenos Aires. Repressione e fracking, l’esperienza di Neuquén insegna: già dal 2011 la repressione contro la comunità mapuche Gelay ko, per l’installazione nel suo territorio della prima trivella per estrarre idrocarburi no convenzionali, ha generato un conflitto molto duro.

Proprio in seguito a questo conflitto la guida della comunità Cristina Linkopan, morirà a soli 30 anni stroncata dall’ ipertensione polmonare. Ancora a Neuquén il 28 agosto 2013 la polizia respinse la manifestazione contro l’accettazione del governo provinciale del contratto segreto tra YPF e Chevron per le trivellazioni e perforazioni del giacimento Vaca Muerta sparando sui manifestanti, colpendone uno in prossimità del polmone destro. Questa volta è toccato ai membri delle Assemblee di Entre Rios, Asamblea di Concordia, di Colon, di Concepcion del Uruguay e del Foro Wajmapu che, allo scoccare della mezzanotte del 3 agosto, si sono visti aggredire dall’ Escuadron 4 della Gendarmeria Nacional Argentina, subendo una rimozione forzate delle percosse e l’arresto.corte entre rios

 

Rei di intralciare il traffico pubblico della Ruta Internacional 15, che porta fino in Uruguay, stavano facendo un blocco stradale selettivo. Un’azione volta a impedire che i camion rimorchio, che trasportavano i veicoli per le prove sismiche, accedessero al territorio entreriano e procedessero ai rilevamenti. Al momento sono quattro gli arrestati Horacio De Carli, Bernardo Zalisñski, Facundo Scattone Moullins e Francisco Domingo.
Il commissariato di Concordia ha ricevuto molte chiamate da parte di compagni e anche di politici, che si sono sincerati sullo stato dei compagni arrestati.

 

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L’arresto è illegale perché effettuato senza il mandato del giudice. La strategia intimidatoria messa in atto dalle forze di polizia e da quelle politiche al governo dimostrala loro codardia e la sottomissione a un piano eco genocida come il fracking. La corsa al gas shale sta riconfigurando il piano geopolitico mondiale e scatenando conflitti come in Ucraina.

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L’Argentina e in particolare le Province di Entre Rios Neuquén e Rio Negro, sottomesse al dominio a stelle e strisce stanno obbedendo con tutto le loro forze agli ordini dall’alto, giocando con la vita di chi si oppone.

Le assemblee hanno già indetto una manifestazione di sostegno.

Noi non faremo nemmeno un passo indietro!!

No Pasaran, NO è NO!

Toccano uno toccano tutti! Facu, Horacio, Bernardo e Francisco liberi

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manifestazione di fronte al commissariato per il rilascio dei 4 Concordia

VIDEO MANIFESTAZIONE 

 

Info : apca2012@autistici.org

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Nucleare e antinucleare in Argentina

Dagli accordi internazionali alla lotte territoriali locali: Formosa resiste!

Negli ultimi tre mesi tre visite importanti hanno riconfigurato l’agenda energetica dell’Argentina.
Anche se i media internazionali sono stati attenti soprattutto alla vicenda dei fondi “buitres” (avvoltoi), in realtà sin dalla fine degli anni ’90 tutto ciò che fa gola alle potenze mondiali sono gli sconfinati e ricchi territori dell’Argentina. Acqua, terre fertili, metalli, idrocarburi sono il bottino nel mirino delle corporazioni e delle grandi imprese statali. Il suo modo di pagare il debito estero, no quello degli hedge founds ma quello storico, l’Argentina lo dimostra nelle politiche che l’hanno contraddistinta negli ultimi anni: consegna dei  territori e delle popolazioni alle lobbies e alle corporazioni.

Il 21 maggio 2014, nell’ambito della visita del segretario aggiunto di energia del governo Obama Daniel Poneman e dell’incontro di questi con il ministro di pianificazione Julio De Vido,  è stata rinnovata  l’alleanza energetica già in vigore tra Stati Uniti e Argentina. L’accordo era stato sancito nel 2010 tra la presidente argentina Cristina Fernandez de Kirchner e Barak Obama in occasione di un vertice sulla sicurezza nucleare a Washington.

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Il rinnovo di quest’anno prevede una cooperazione attiva tra imprese in ambito energetico soprattutto riguardo all’estrazione del gas shale nella provincia di Neuquén (Vaca Muerta) e allo sviluppo della centrale nucleare Atucha III, che assieme alle funzionanti Atucha I e II, situate nella città di Lima, andrebbe a rifornire una parte del fabbisogno energetico della megalopoli Buenos Aires (la cui popolazione tocca i 14 milioni di individui) e la domanda energetica industriale nazionale.

Il 12 luglio è stata la volta dell’incontro tra Vladimir Putin e la “Presidenta” argentina e, parallelamente, tra il ministro pro nucleare De Vido e Sergei Kiriyenko, il presidente dell’azienda pubblica russa Rosatom, uno dei colossi mondiali del nucleare. Anche questa volta si è puntato alla costruzione di Atucha III e allo sviluppo di un reattore nucleare di costruzione Argentina il Carem.
Il 18 luglio invece è arrivata in Argentina una delegazione dalla Cina che ha visto il presidente della repubblica popolare Xi Jinpingm accompagnato dal presidente di  National Nuclear Corporation (CNNC), Yang Chaodong, che in accordo con la presidente “Cristina” e il ministro di pianificazione e sviluppo De Vido hanno stretto un patto per la costruzione del quarto polo nucleare nazionale Atucha III (il terzo già esistente è la centrale Embalse presso Cordoba), di proprietà dell’azienda statale Nucleoelectrica Argentina S.A., che dipende dal Ministero di Pianificazione Federale e Investimenti pubblici.

Se questa turbo avanzata rispetto allo sviluppo nucleare riguarda quasi esclusivamente la realtà bonarense del polo Atucha ( tre centrali di cui, due in funzione e una da costruire) bisognerà concentrarsi su un altro punto della mappa dell’Argentina sempre legato al nucleare.
La provincia di Formosa, una delle ultime a unirsi formalmente alla federazione argentina nel 1960, sta vivendo un momento chiave per il suo futuro. Il governo nazionale d’accordo con quello provinciale vuole istallare una centrale nucleare proprio in territorio indigena. Non a caso si è scelta quella provincia remota e povera, al confine con il Paraguay, dove la situazione di violenza sui popoli Wichi e Qom è molto alta (al momento in cui scriviamo ci sono state aggressioni) come la corruzione e l’impunità della polizia e degli scagnozzi dei signori locali.

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La procedura con cui avanza il progetto per la centrale di Formosa è oscura e incerta. Di fatto sono cinque i luoghi deputati per la costruzione della centrale, che monterebbe un reattore sperimentale Carem di tecnologia argentina. L’annuncio della costruzione della centrale è stato affiancato dalla notizia che la pianta di produzione di combustibile nucleare (diossido di uranio) dell’impresa Dioxitex si starebbe già trasferendo da Cordoba (a fianco della centrale nucleare Embalse) a Formosa.  Tre  province argentine si sono infatti rifiutate di ospitare la pianta ultra contaminante che è giunta fino alla più povera di tutto il paese: Formosa.

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Il movimento antinucleare di Formosa, si aggiunge a una tradizione antinuclearista in un paese, come l’Argentina, che inaugurò le sue attività nucleari sotto Peròn nel 1945 con il decreto 22.885  del Ministero della Guerra . Il Mach (Movimento Antinuclear Chubut) ha avuto una vittoria storica contro il deposito nucleare che si sarebbe dovuto fare a Gastre negli anni ‘90, mentre il Movimento Antinucleare Zarate- Campana lotta da alcuni anni contro il mostro Atucha. Ma lotta antinucleare in Argentina non significa solo affrontare l’attività e le scorie delle centrali nucleari, quanto piuttosto scontrarsi anche con le miniere di uranio disseminate lungo la Cordigliera delle Ande, soprattutto nelle province di Catamarca, Mendoza, e La Rioja.

In quest’ultima provincia si sta portando avanti da circa quattro mesi un blocco stradale da parte della Asamblea Riojana Capital contro gli 11 progetti di estrazione di uranio gestiti dalla CNEA (commissione nazionale energia atomica). Questa lotta si è dichiarata solidale con quella contro la nuova centrale nucleare di Formosa, e inseguito a ciò, durante una manifestazione davanti alla sede nazionale della CNEA, le è stato consegnato congiuntamente un documento che chiede l’annullamento di tutto il piano nazionale nucleare.

 

La lotta di Formosa è molto importante per vari motivi. Il primo riguarda la salvaguardia di un territorio che già ha molti problemi idrici e geologici (poche settimane addietro c’è stata una pesante alluvione), sociali (mancanza di acqua potabile, mancanza di assistenza sanitaria), ma soprattutto relazionati alle violenze sui popoli originari. Se si tiene conto del ritmo con cui avanza la lobby nucleare in Argentina, una battuta d’arresto su questo terreno sarebbe un duro colpo per la credibilità di un nuclearista convinto come lo è il ministro De Vido, che già l’anno scorso, nella sua trasferta alla conferenza internazionale dei ministri di paesi nuclearizzati in Russia, aveva venduto la pelle dell’orso in anticipo, facendo preaccordi con Westinghouse, Rosatom e CNNC.

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Dal 2009 si è iniziato a muovere il popolo formoseño contro la costruzione della centrale nucleare. Proprio quest’ anno, quando più si avvicinava la doppia minaccia, è stata indetta una manifestazione a marzo che è culminata nel momumento municipale alla bandiera e che è stata sgomberata dagli scagnozzi del potere locale del governatore Gildo Isfràn, sotto gli occhi soddisfatti della polizia oziante.

L’eco della manifestazione ha fatto sì che partecipassero nuovi soggetti sociali alla protesta insieme alla all’assemblea locale Formosa No Nucleare dopo partiti, sindacati e ONG hanno partecipato anche il vescovo Vincente Conejero e la gente del Paraguay che vive aldilà del confine, proprio lì vicino attraversando il fiume Pilcomayo.

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La mobilizzazione si è trasformata da questione circoscritta e locale a una questione che ha superato le frontiere e che sta mettendo i bastoni tra le ruote  al governo provinciale di Formosa e quello nazionale argentino. Nei primi giorni di luglio c’è stata la audizione pubblica e in quell’occasione sono emerse molte voci degli abitanti del luogo, tecnici e non.

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Con esse sono fuoriuscite anche le notizie riguardanti la pressione giornalistica operata dal governo locale su tutte le radio presenti nel territorio, per far sì che solo parlassero a favore di Dioxitex e della centrale, infatti il vicegovernatore di Formosa Floro Bogado si è espresso così riguardo alla resistenza contro la pianta di produzione di combustibile nucleare “tutti quelli che sono contro il polo tecnologico e Dioxitex sono eco-terroristi e ignoranti”.

Questo nuovo scenario antinucleare dimostra l’importanza dell’appoggio mutuo nelle lotte territoriali affini affinché, soprattutto dai luoghi remoti e tradizionalmente assoggettati del paese, possa risvegliarsi l’anelito alla ribellione e alla giustizia, perché dopo secoli la dominazione sembra non cessare, anzi incrementarsi.

VIDEO PRESENTAZIONE DI DIOXITEXT FORMOS 20-3-2014

VIDEO AUDIZIONE PUBBLICA PRESENTA DR. MONTENEGRO FORMOSA 24-04-2014

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